di Patrizia Massara Di Nallo
Oggi, mentre l’emigrazione verso l’Europa ci interroga fomentando il dibattito sull’accoglienza ed integrazione o sulle espulsioni e rimpatri, sarebbe utile leggere o rileggere il romanzo “Vita”, ed.Rizzoli (Premio Strega 2003) di Melania Mazzucco, drammatica storia di nostri connazionali costretti ad emigrare nel secolo scorso. L’autore volendo ripercorrere la storia della propria famiglia e delle proprie origini “Trovai un albero genealogico privo di radici- con le foglie essiccate all’altezza della nostra generazione” inizia dal ricordo di suo nonno, Diamante Mazzucco, emigrato in America, e si tuffa poi in una complessa ricerca che portandola alla scoperta di una copiosa documentazione le permette di riallacciare i fili della storia dei suoi avi con quelli della storia romanzata dei protagonisti Vita e Diamante.
Le loro vicissitudini acquistano così un’equilibrata parvenza di autenticità intrecciandosi con epistolari privati, notizie rinvenute sui giornali dell’epoca e perfino con le vecchie liste-passeggeri dei piroscafi. In questo coinvolgente affresco M.M. ci racconta quindi le vicende di questi due ragazzi che dalla campagna del Sud d’Italia, spinti dalla povertà, vengono catapultati in una società americana tentacolare e fin dal principio ostile. Qualora subito dopo lo sbarco gli emigranti non fossero risultati in buona salute sarebbero stati rimandati indietro nei paesi d’origine “A Ellis Island gli americani ti rifilano un sacco di domande”.
Vita, di nove anni,e Diamante, di dodici, fra peripezie e pericoli sempre in agguato saranno costretti a sperimentare soprusi, pregiudizi e violenza e a destreggiarsi fra essi “gli italiani erano la minoranza etnica più miserabile della città. Più miserabili degli ebrei, dei polacchi,dei rumeni e perfino dei negri”. Una storia molto amara costellata da difficoltà e discriminazioni che metteranno duramente alla prova i ragazzi, ma affrancata dall’amicizia e dall’amore che li unirà negli anni finché Vita, pur attraverso le più degradanti esperienze, riuscirà a coronare il suo sogno di rimanere in America e invece Diamante, ormai provato nel fisico, ritornerà in Italia “L’ America gli scivolava accanto come il sogno di un altro”. Essi rappresentano quindi sia quegli emigranti con “ i loro tristi fagotti,che contengono tutto il loro niente.” che dalla miseria arrivarono, talvolta perdendo la propria dignità, al benessere economico o ad altri riscatti sociali sia tanti altri di essi che, dopo mestieri degradanti e insalubri e anche innumerevoli umiliazioni, dovettero soccombere alla durezza delle avversità oppure ai ricatti della mafia “La credulità della gente è pari solo alla sua disperazione”.
Si tratta dell’epopea di due esistenze sradicate dalla terra natìa che, pur piegate e sottomesse, “Lui con le lacrime aggrappate al battito di un ciglio” continuano a lottare fino all’ultima pagina e l’A. attraversando armoniosamente vari registri narrativi, da quello documentaristico a quello della memoria, riesce sempre, pur in un ritmo serrato, ad accompagnare per mano il lettore attraverso il pathos delle tumultuose vicende fino all’inaspettato epilogo. In un’operazione circolare di strutture e contenuti, tra rimbalzi temporali delle vicende narrate e rimandi della memoria personale, il romanzo oscilla tra il 1903, anno dello sbarco dei protagonisti in America, e il 1944, quando il figlio americano di Vita, giunto in Italia per combattere, cerca Diamante, nonno della scrittrice, divenuto ormai anziano.
Al variare delle emozioni la cifra stilistica si nutre di una tecnica espressiva talvolta distesa e aperta, talaltra scattante e cadenzata, ma sempre vibrante di una malinconia struggente nutrita dagli incolmabili vuoti e distanze sia fisici e temporali che intimi e chiaroscurali. Lo stile asciutto e realistico è spesso foriero di immagini poetiche che non si discostano dal duro climax del tessuto narrativo “Cicatrici di elettricità intarsiano le pareti della notte” in cui anche gli eventi naturali sembrano partecipi del travaglio umano.