di Antonella Scabellone
LOCRI- Conclusa l’audizione dei testimoni della difesa da oggi la parola, nel processo Recupero-Bene Comune, passa agli imputati. La maggior parte di loro ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, e dopo aver declinato le proprie generalità è tornata in cella. Diversa la scelta di Riccardo Gattuso che, accettando di essere esaminato e controesaminato, è sembrato più interessato a convincere la corte della propria innocenza, che preoccupato di dire cose che potrebbero essere utilizzate contro di lui.
Riccardo Gattuso, che si è detto duramente provato dalla vita carceraria, dove avrebbe visto violenze e abusi di ogni tipo, si è sottoposto dapprima alle domande dei propri legali, gli avvocati Adriana Bartolo e Armando Gerace, e poi alle contro-domande del Pm Antonio De Bernardo, nel corso di un interrogatorio che è durato oltre due ore. Ha raccontato di essere il nipote di Riccardo Rumbo (detto Franco), ed il cognato di Cosimo e Angelo Figliomeni (soprannominati “i briganti”). Una parentela “scomoda”, significativa per gli inquirenti per supportare l’impianto accusatorio del vincolo associativo. Eppure Riccardo Gattuso è convinto, e lo ha ripetuto più volte alla Corte, di non c’entrare nulla con questo processo; di non avere fatto niente per meritare da tre anni a questa parte la detenzione in carcere, e di non avere debiti con la giustizia, avendo già scontato tutto ciò che gli rimaneva da scontare nel 2006 quando, consigliato dal suo legale, decise di rientrare dal Canada per consegnarsi spontaneamente alla polizia italiana all’aeroporto di Fiumicino allo scopo di espiare un residuo di pena di due anni e otto mesi di reclusione. “L’ho fatto-ha spiegato alla Corte-perché volevo essere un uomo libero e ci tenevo a proteggere tutto ciò che di buono avevo costruito nel frattempo in Canada”. Tre aziende operanti nel settore alimentare, una moglie e due figli, questo nel frattempo si era creato oltre Oceano l’imputato che si era specializzato nel commercio import-export nel settore alimentare. Gattuso esce dal carcere nell’estate del 2008 e da quel momento viene sempre, costantemente, intercettato. Nel 2009 ritorna in Canada. Racconta di avere scritto una lettera alle forze dell’ordine, perchè temeva di essere frainteso nelle conversazioni che sapeva essere intercettate, nelle quali, per via di suoi affari import-export, si parlava spesso di soldi. Oggi ritiene di essere detenuto ingiustamente a causa di alcune intercettazioni (tre per l’esattezza) che lo captano in compagnia di alcune persone attenzionate, tra cui lo zio Riccardo Rumbo e il cognato Cosimo Figliomeni, ma nelle quali, a suo dire, non ci sarebbe nulla di compromettente. Per gli inquirenti, invece, da quelle intercettazioni emergerebbe il coinvolgimento dell’imputato nei mali affari della criminalità organizzata.
Interrogato dal Pm De Bernardo Gattuso ha cercato di spiegare a modo suo, parola per parola, cosa intendesse dire in quelle conversazioni e cosa invece avrebbero capito e trascritto gli inquirenti. Si è giustificato in modo abbastanza determinato su alcune circostanze contestate, su altre si è un pò confuso, ma ha cercato, in oltre due ore di interrogatorio, di difendere con i denti la propria presunta innocenza. Accusa e difesa si sono confrontate a viso aperto e sono sembrate meno distanti del solito in un democratico confronto ravvicinato.
Il processo è stato rinnovato al 22 Novembre con l’esame degli altri imputati che decideranno di farsi ascoltare.