di Gianluca Albanese
ROCCELLA IONICA – «Stabilità di Governo, autorevolezza dell’Italia in Europa, condivisione continentale delle politiche di accoglienza dei migranti e superamento della atavica litigiosità interna. Sono stati questi i temi forti evidenziati dal Sottosegretario di Stato alla Sicurezza della Repubblica Marco Minniti a sostegno del “Sì” al referendum costituzionale di domenica prossima, nel corso dell’incontro che si è tenuto nel tardo pomeriggio di oggi alla sala riunioni dell’ex convento dei Minimi di Roccella Ionica.
Col sindaco di Roccella Giovanni Certomà che ha fatto gli onori di casa, hanno introdotto i lavori la dirigente nazionale del Pd (ed ex Ministro) Maria Carmela Lanzetta, e il segretario cittadino del partito di Renzi Domenico Bova, che ha detto, tra l’altro che «Dai sondaggi si avverte difficoltà. Introduco però un elemento di ottimismo. Oggi un dato significativo arriva da quanto dichiarato da Prodi. Elemento positivo e motivazioni valide. Occorre – ha aggiunto Bova – superare le polemiche di una brutta campagna elettorale. Nessuno ragiona nel merito della riforma. La riforma pone la fine del bicameralismo. Correggiamo i limiti, ma entriamo nel merito».
Un ottimismo, il suo, che diventa certezza della vittoria del Sì nell’intervento dell’avvocato Vincenzo Bombardieri, che prima di votare Sì «In tutte le lingue del mondo» si è detto talmente sicuro della vittoria, da dichiararsi disposto a festeggiare lunedì prossimo «Offrendo una pizza a tutti i presenti».
La parlamentare Stefania Covello, anch’essa dirigente nazionale del Pd, in una delle innumerevoli tappe della sua estenuante campagna referendaria, ha detto di aver colto «Un cambio di passo e una maggiore consapevolezza da parte delle persone dell’importanza della svolta sottoposta al voto referendario».
Quindi, per corroborare la propria tesi, la Covello ha citato gli indici di sviluppo dello Svimez «Che – ha detto – solo un anno fa erano negativi, e dopo l’ordine del giorno votato dalla direzione nazionale del partito il 7 agosto del 2015, hanno reso il Sud protagonista dell’agenda politica del Governo, attraverso strumenti come la decontribuzione per le imprese e il credito d’imposta, oltre che il Sistema d’inclusione attiva che – ha detto – è molto più credibile e sostenibile del reddito di cittadinanza che vorrebbero i 5Stelle, hanno fatto segnare un’inversione di tendenza, tanto che la crescita quest’anno è salita al più 1,2% contro il meno 0,9% dello scorso anno, che risentiva delle politiche scellerate di un centro destra a marca leghista che faceva perdere al Sud i fondi FAS per dirottarli al Nord per le quote latte».
Secondo la Covello «C’è un unico filo conduttore, che parte col Masterplan per il Sud voluto da Renzi, ed ha portato soldi veri, in gran parte già erogati, e ora prosegue con questa riforma costituzionale che vuole superare le controversie tra Stato e Regioni e rendere il Paese più competitivo, anche grazie – ha aggiunto – a un Senato delle autonomie in cui almeno una volta al mese si porteranno all’attenzione nazionale le istanze dei territori. Così facendo – ha concluso – la Calabria diventerà la locomotiva dell’Italia e non sarà più trascinata».
Certomà, dal canto suo, a proposito delle misure inserite nel Masterplan governativo, ha detto che «Sono già arrivati i 600.000 euro per il waterfront della costa e a breve arriveranno 1.800.000 euro per riqualificare le periferie».
Il sottosegretario Minniti, nel suo intervento, dopo aver premesso che «Si parla di riforme costituzionali da almeno 35 anni», ha motivato il proprio impegno personale nella campagna referendaria, nonostante il delicatissimo ruolo ricoperto, «perchè – ha detto – è troppo importante» e ha compiuto un lungo excursus sul tema dell’esigenza di riformare la Costituzione che parte dalla metà del secolo scorso.
«Fu il grande meridionalista Gaetano Salvemini che già nella fase costituente – ha detto Minniti – criticò fortemente l’impianto della carta costituzionale, poi, negli anni ’90 venne la stagione delle riforme. Due leader dei principali partiti, come l’allora segretario della Dc Ciriaco De Mita e l’ex presidente della Camera Nilde Jotti a confrontarsi su un progetto di riforma che prevedeva, tra l’altro, il superamento del bicameralismo perfetto e l’introduzione di un Senato delle autonomie. Non se ne fece nulla – ha aggiunto Minniti – perchè quel Parlamento cadde dopo Mani Pulite e le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Il Paese era in ginocchio. Poi, nel 1996, le elezioni le vinse l’Ulivo e si avvertì l’urgenza di fare una commissione bicamerale per le riforme, presieduta dal mio amico Massimo D’Alema. Anche in questo caso si voleva il superamento del bicameralismo perfetto e un Senato delle autonomie, con in più l’introduzione di una forma di Stato semi-presidenziale, con elezione diretta del Presidente della Repubblica. Gli stessi che ora gridano alla svolta autoritaria dello Stato se vince il Sì, dimenticano che allora si voleva sciogliere il Consiglio di Stato, mentre adesso si vuole abolire solo il Cnel e i poteri del Presidente del Consiglio non aumentano, rimangono invariati. Al momento del voto parlamentare, quando l’accordo sembrava scontato, Berlusconi convocò il congresso di Forza Italia, nel quale io rappresentai il mio partito, e stracciò il testo dell’accordo. Oggi come allora, dissero che dopo le elezioni avrebbero pensato a una riforma della Costituzione che invece, aspettiamo da vent’anni. Era il 1997 e, come con i corsi e ricorsi storici del Vico, i protagonisti di allora sono sempre gli stessi».
Secondo Minniti, l’attuale riforma costituzionale mantiene inalterata la prima parte della Costituzione, quella dei principi e degli elementi fondativi della nazione, introducendone un altro che a me sta molto caro: quello della trasparenza, che si traduce in maggiore credibilità delle istituzioni democratiche. Quelli che oggi sono per il No – ha proseguito – non hanno nulla in comune, e sono certo che non saranno in grado di sedere allo stesso tavolo qualora dovesse vincere il No, perchè sono senza idee e un progetto per il Paese e vorrebbero fermare tutto proprio adesso che gli indicatori dicono che ci stiamo riprendendo. Loro sono animati dalla vecchia logica di chi intende togliersi i sassolini dalla scarpa e non sanno che, in caso di vittoria del No e di costituzione di un governo tecnico, l’Italia non potrà assolutamente contare di più in Europa. L’Italia ha bisogno di stabilità – ha detto Minniti- e per me un esempio di stabilità è costituito dalla cancelliera tedesca Merkel che si candida a diventare leader del suo Paese per la quarta volta consecutiva».
Poi, il sottosegretario con delega al Copasir ha introdotto un altro grande tema, ovvero le politiche dell’immigrazione.
«Come faremo – si è chiesto – a chiedere all’Europa di condividere l’accoglienza dei migranti, tra cui moltissimi bambini che i genitori disperati mandano in Europa per cercare di dare loro un futuro, con un governicchio tecnico di scopo?».
Quindi, c’è spazio solo per l’affondo conclusivo.
«La partita non è politica – ha detto – ma riguarda il futuro del Paese e sul merito non c’è proprio confronto. Io – ha aggiunto Minniti – ho un’età che mi permette di pensare soprattutto al futuro delle giovani generazioni, e non dobbiamo fare passare il messaggio che l’Italia è un paese irriformabile. Non facciamo come i polli di Renzo – ha concluso – perché se vince il Sì non vince una parte politica ma l’Italia intera».