di Gianluca Albanese
RIACE – Metti una sera a Riace insieme al sindaco Mimmo Lucano, allo scrittore Giovanni Maiolo in veste di moderatore e a Walter Veltroni nei panni di regista acuto e sensibile. Il risultato è assicurato, così come il piacere di assistere alla proiezione del docufilm “Quando c’era Berlinguer” dopo l’introduzione del suo regista.
{loadposition articolointerno, rounded}
“Uòlter” è qui perché intende realizzare un film sui bambini immigrati dai 9 ai 13 anni. Già, perché Riace, dopo aver avviato i progetti di accoglienza che hanno rivitalizzato un paese in via di spopolamento, è diventato anche il set di parecchi e celebrati film, come “Il volo” di Wim Wenders, ricordato ieri sera, nella mediateca comunale, con la proiezione del suo trailer.
E così, Giovanni, Mimì e Uòlter hanno conversato da amici, ancor prima che da relatori.
Il sindaco, in particolare, ha ripercorso le tappe che hanno portato ad avviare i progetti di accoglienza, iniziando da uno sbarco nel ’98, quando di Sprar e iniziative simili da queste parti non si parlava nemmeno. “Abbiamo pensato – ha detto Lucano – che gli immigrati potessero riempire gli spazi vuoti. C’era una forte rassegnazione sociale all’inizio mentre col passare degli anni abbiamo visto che gli immigrati sono una risorsa e abbiamo coinvolto nei progetti anche altri comuni. Non si sono mai registrati problemi di convivenza con la comunità locale – ha proseguito il sindaco – che, anzi, ci ha dato una grossa mano favorendo l’immigrazione in una terra che da sempre ha vissuto sulla sua pelle il dramma dell’emigrazione, e ora, su 1800 abitanti, 300 sono cittadini immigrati!”.
Veltroni ha aggiunto che “L’integrazione è un valore”, prima di spiegare le ragioni che lo hanno spinto a dedicare un film a Enrico Berlinguer. “Lo incrociai quando avevo 15 anni – ha spiegato il fondatore del Pd – e mi colpì subito, diventando, ben presto, una figura decisiva nella mia formazione politica. Portò il Pci al 34% riducendo all’osso la distanza con la Dc, ma ancor prima dei suoi meriti come leader politico mi piace sottolineare le sue qualità umane e quel suo stile personale fondato sul rigore ed una timidezza di fondo che però non ne scalfiva il carisma. Quando morì per un malore mentre parlava in piazza alla folla di militanti, poteva scegliere d’interrompere il comizio, e invece decise di andare fino in fondo, perché ha sempre anteposto la sua passione per la politica ai suoi interessi personali”.
Il regista romano ha ricordato i tanti tentativi di bloccare l’azione politica di Berlinguer: “I sovietici – ha detto – cercarono di ucciderlo inscenando un finto incidente” e gli anni di piombo e di quelle che Veltroni ha definito “Le Br assassine, che col sequestro Moro vollero dare un segnale alla politica che in quei mesi stava affinando i passaggi per giungere al compromesso storico . Fu il punto più alto di attentato alla democrazia, quel sequestro, e oggi non se ne deve perdere la memoria storica”.
Fin qui Veltroni, che poi, insieme agli altri ha assistito alla proiezione di “Quando c’era Berlinguer”.