La mancanza di politiche ambientali utili a ridurre la produzione dei rifiuti, la necessità di lunghi e costosi trasporti (per concentrare i rifiuti, anziché organizzarne lo smaltimento localmente), la scelta di penalizzare la raccolta differenziata con costi di smaltimento paradossalmente superiori all’indifferenziata per “spingere” sull’opzione incenerimento o discarica, hanno contribuito a rendere la voce “rifiuti” un’uscita non di poco conto nel bilancio delle amministrazioni e delle famiglie calabresi.
La situazione atavica di emergenza che si trova costretta a fronteggiare la Locride in questo specifico campo rende sempre più lontana la possibilità che nonostante i moniti statali e quelli ancor più incisivi dell’Ue si concretizzino soluzioni a oggi solo sulla carta e sviluppano una serie d’interrogativi e considerazioni dai quali amministratori e amministrati non possono concedersi di esimersi dal rispondere. Questo ancor di più se si considera che dal prossimo aprile la tassa sui rifiuti, con l’entrata in vigore della Tares (tassa che andrà a sostituire l’attuale Tarsu) aumenterà del 25% per le utenze familiari e punte del 300% per gli esercizi commerciali. Questo perché la Tares dovrà coprire sia tutte le spese di raccolta sostenute dai singoli comuni, sia finanziare anche i cosiddetti servizi “invisibili” come, per fare qualche esempio, l’illuminazione e manutenzione delle strade. A intervenire sull’argomento Liliana Ielasi presidente della commissione ambiente di Bovalino nonché presidente del comitato per la difesa della salute, del territorio e dell’ambiente della Costa dei Gelsomini. ‹‹Le tasse sullo smaltimento dei RSU – spiega – sono progressivamente lievitate, in questi anni di gestione straordinaria, anche a causa delle inappellabili ordinanze commissariali. Con l’inserimento di questa “nuova”tassa noi del sud avremo maggiori problemi perché ancora si applica la TARSU più economica della TIA. Noi cittadini continuiamo a pagare costi di servizi inesistenti o poco efficienti anche se poi la legge ci consente di non pagare quando un servizio pubblico non è eseguito per come previsto dalla normativa. È inaccettabile conclude che dopo quindici anni di commissariamento per l’emergenza rifiuti continuiamo a pagare l’incompetenza, l’ignoranza e l’ingordigia di che decide come gestire i nostri rifiuti. Non possiamo più permetterlo››.
Un po’ di storia
E’ dal 1997 che la Calabria è in emergenza rifiuti, edè dal 1997 che esiste il Conai, il consorzio che si occupa del funzionamento del sistema del riciclaggio italiano degli imballaggi e che si fa garante dell’avvio a recupero e riciclo dei rifiuti d’imballaggio proveniente dalla raccolta differenziata urbana. È sempre dal 1997 che c’è il decreto Ronchi che ha introdotto per la gestione dei rifiuti le regole delle 4R (Riduci, Riutilizza, Ricicla, Recupera). Due anni dopo, precisamente dall’8 luglio 1999, è entrato in vigore l’accordo quadro Anci-Conai (Associazione nazionale Comuni italiani-Consorzio nazionale imballaggi). L’accordo, spiega la Ieasi, ‹‹prevede che, quando una persona va al supermercato e compra le bottiglie d’acqua, paga l’acqua, paga l’imballaggio e paga anche il costo per portare gli imballaggi all’impianto di riciclo. Lo paga già. Se poi nessuno si occupa della raccolta di quegli imballaggi, il cittadino paga due volte perché l’imballaggio finisce o in discarica o nell’inceneritore, causando così un doppio danno, all’ambiente e di conseguenza alla salute››.
Ma quante risorse sprechiamo?
‹‹Se consideriamo il fatto che i nostri “rifiuti” sono costituiti da 40 % di umido; 25 % di carta; 15 % di plastiche; 10 % di alluminio e se sommiamo queste percentuali ci accorgiamo che 40+25+15+10= 90, quindi il 90% di ciò che buttiamo, quotidianamente, è fatto di risorse riutilizzabili o riciclabili o compostabili, e solo un 10 % circa non rientra in queste categorie e dovrebbe andare a finire in discarica. Ciò significa anche, che se facessimo il compostaggio domestico non solo potremmo chiedere la riduzione della tassa ma creeremmo dell’ottimo compost per un’agricoltura biologica, ma significa anche che quasi il 50% dei nostri rifiuti, essendo imballaggi, non dovremmo più pagare per smaltirli››. Da questo semplicissimo resoconto si comprende facilmente che basterebbe, far applicare le leggi e gli accordi già esistenti per incentivare notevolmente la quantità e la qualità del riciclo dei rifiuti e la contestuale eliminazione del bisogno di nuove discariche o inceneritori. ‹‹Il vero problema è culturale, dico questo perché pochi sanno che esiste un fiorente mercato delle materie prime seconde, come si chiamano, appunto, i prodotti ottenuti dal riciclo. I rifiuti, nel senso stretto del termine non esistono, c’è solo la volontà o meno di recuperarli e la questione che li riguardi purtroppo non è affrontata con una visione olistica ma si guarda al rifiuto come a una ricchezza per quei pochi che gestiscono le numerose discariche sparse sul territorio››.
Dei buoni esempi in tutta Italia, e noi?
Treviso, con il modello Vedelago del centro di riciclo di Carla Poli che non getta in discarica o brucia negli inceneritori neanche quel 10% di cui si parlava prima, perché grazie a tecniche innovative viene trasformato in sabbia sintetica o materiale per attrezzi da giardino o pesca.Lucca con il modello Capannori e la sua politica “rifiuti zero” e con l’assessore all’ambiente, Alessio Ciacci, che da poco ha ricevuto il premio personaggio ambiente 2012. A noi toccano le discariche e la maglia nera in tema di ambiente quando basterebbero due milioni di euro per realizzare un centro di riciclo nella Ionica sul modello di Vedelago. Un centro che andrebbe a creare rispetto per l’ambiente, occupazione, materie prime seconde, e ridurrebbe i costi di trasporto del differenziato per i comuni della Ionica. ‹‹Basterebbero tre centri per tutta la provincia (versante Reggino, versante Ionico e versante Tirrenico) per uscire dall’emergenza e consegnare un ambiente pulito ai nostri figli, ma si finanziano solo discariche e loro ampliamenti (certamente più costosi da realizzare e da mantenere). Nessuna Amministrazione Comunale calabrese, potrebbe gestire i suoi rifiuti copiando sistemi virtuosi come Capannori o Vedelago semplicemente perché le nostre leggi regionali glielo impediscono››. I due sistemi che abbiamo nominato, che sono il nostro fiore all’occhiello in Europa e nel Mondo, si basano sulla valorizzazione dei materiali raccolti mentre la nostra legge regionale prevede solo una valorizzazione energetica degli stessi (incenerimento), andando, di fatto, contro i dettami della Comunità Europea. Per la pessima gestione dei rifiuti l’Italia rischia 280 milioni di euro di sanzioni dall’UE che punta il dito contro l’uso delle discariche ancora troppo diffuso. Il Commissario europeo all’Ambiente, Stavros Dimas, dichiara, infatti: ‹‹L’Italia ha violato le regole concepite dall’Europa per proteggere l’ambiente e la salute umana dai potenziali effetti negativi dei rifiuti. Per proteggere la salute dei cittadini e l’ambiente in Italia, le autorità devono porre in essere un’effettiva politica dei rifiuti per il futuro e farla rispettare adeguatamente››. S’interrano risorse preziose, si perdono potenziali vantaggi economici, non si crea occupazione nel settore della gestione dei rifiuti e si espongono a rischi la salute umana e l’ambiente: una situazione difficile da difendere nelle circostanze economiche attuali. ‹‹L’Italia – spiega Liliana Ielasi – ancora una volta, è tra le peggiori e tra le regioni, secondo una recente classifica “comuni ricicloni 2012, ” la Calabria è al penultimo posto con 0,2% di raccolta differenziata. La causa di tutto ciò – secondo la Ielasi – va ricercata nelle politiche deboli o inesistenti di prevenzione dei rifiuti, assenza d’incentivi alle alternative al conferimento in discarica, inadeguatezza delle infrastrutture per il trattamento dei rifiuti.È fondamentale ora più che mai – spiega – la presenza di una classe politica coraggiosa e attenta alle istanze della società civile e non preoccupata solo di perdere il potere, bisogna mettere il cittadino in condizione di potere fare la raccolta differenziata anche perché, escluso poche sacche che vanno opportunamente individuate, informate e sensibilizzati, il resto è pronto a fare quel passo di rivoluzione culturale, anzi freme per contribuire a uno sviluppo sostenibile del territorio anche per il futuro dei loro figli››.I cittadini possono comunque fare la loro parte, possono informarsi, documentarsi, esigere servizi e indignarsi nei confronti dei dirigenti, politici e amministratori che non espletano i loro doveri di servizio alla cittadinanza.
Cosa fare nel frattempo che attendiamo la rivoluzione ambientale? Poche semplici regole.
‹‹Possiamo intanto ridurre i rifiuti, acquistando ciò che veramente serve; fare auto compostaggio, cioè potremmo partire dalla raccolta dell’umido per fare del compost da usare per le piante o il giardino anche avendo un semplice balcone ove situare la compostiera ovviamente senza inserire resti di carne e pesce che creano cattivo odore. (quasi il 40% dei rifiuti è organico). Acquistare prodotti alla spina, dai detersivi per la casa ai prodotti alimentari, comprare le confezioni con meno imballaggi; bere acqua dal rubinetto, magari direttamente filtrata, fare la spesa senza usare le buste di plastica usa e getta ma quelle sempre riutilizzabili.Riutilizzare le cose o donarle a chi può utilizzarle usare pannolini ecologici e raccogliere i tappi di plastica per realizzare progetti di solidarietà.
ADELINA B. SCORDA