di Vito Pirruccio
Da quasi un anno viviamo con angoscia la pubblicazione quotidiana dei dati sulla pandemia. Un appuntamento senza sorprese: in media 500 vittime al giorno accanto a tassi di positività e tamponi incolonnati su un tabellone blu che sembra, purtroppo, riprodursi senza tregua. 500 morti al giorno mi suggeriscono file di bare allineate negli obitori degli ospedali e l’industria che le produce unica attività in forte espansione accanto a quella straordinariamente ricca dei vaccini.
Tuttavia, notavo in questi giorni seguendo più del mio solito i programmi televisivi, la pubblicità è centrata sulle automobili, sugli operatori telefonici e i vari applicativi e sull’industria alimentare. Una nicchia importante e variegata è, però, occupata dal cibo per cani e gatti, il famoso pet food (cibo per animali domestici).
Per carità, non voglio essere frainteso! Amo gli animali e la natura e, per essere vissuto da bambino in una piccola realtà rurale, questo mondo mi appartiene e lo sento mio. Ma, anche, per i risvolti educativi e formativi che il messaggio pubblicitario contiene al suo interno, mi aspetterei una cernita della raccolta pubblicitaria, specie, sulle reti della televisione pubblica, per non urtare la dignità di quanti faticano quotidianamente a tirare avanti la vita. Questo aspetto vale sempre, sia nei periodi di crisi che di prosperità, in quanto la povertà non è stata sconfitta a differenza di quanto andavano sbandierando, tempo fa, i grillini cantarini dal balcone centrale della sede governativa. E sappiamo benissimo che è duro a morire lo zoccolo di emarginazione diffuso nelle nostre società che ipocritamente continuiamo a definire opulente. Pertanto, mi procura rabbia mista ad impotenza vedere sfilate di cani e gatti inghirlandati davanti a “pietanze di pet food” ben servite e con passaggi, pure, dalla toilette. Pensate, un po’!
Mi chiedo, allora, verso quale deriva ci stiamo incamminando?
Rischio di apparire vetusto e bacchettone riavvolgendo il nastro della memoria. Ma mi tocca farlo.
Fino agli anni 80 del secolo scorso, anche se la nostra società non luccicava, certo, per uguaglianza e giustizia sociale, almeno gli schermi televisivi erano invasi da biscotti Plasmon (il forzuto con la mazzetta), Nipiol (il biondino dagli occhi azzurri), Formaggino MIO (il bambino paffuto che si leccava il ditino), passeggini e indumenti PRÉNATAL. Una società perennemente in crisi, ma proiettata con tutte le difficoltà verso il futuro.
Oggi, invece, accanto alle notizie funebri provenienti da sigle divenute, purtroppo, familiari (come RSA), siamo in perenne compagnia dei nostri amici a quattro zampe e delle loro pietanze succulente. E, a spasso nelle piazze e nei giardini pubblici, non vediamo altro che donne e uomini, più o meno canuti, con al guinzaglio cani e gatti.
Quando i nostri governanti (Scusate, ma colgo l’occasione per brindare per buono auspicio alla nomina di un competente come il Presidente Mario Draghi a capo del Governo) stileranno finalmente il Next Generation UE, invece di pensare a bonus monopattini e rubinetti, si mettano la mano sulla coscienza e riflettano sui motivi di tanta pervasività della réclame “cani e gatti” sugli schermi televisivi! Troveranno la motivazione giusta per riprendere la corsa. Auguri!
*: dirigente scolastico