di Gianluca Albanese
LOCRI – “Rocco Mazzaferro classe ’61? Una sorta di baby sitter che incontravo solo quando portava i bambini a scuola e a danza e che io quando fui sindaco non vidi mai entrare al palazzo municipale” e poi “Rocco Mazzaferro classe ’64? Il cugino del leader cittadino del Pd Gianni Femia. Gli telefonai solo per cercare di convincere lo stesso cugino ad allearsi con noi in occasione delle elezioni politiche del 2008”. Sono due tra i passaggi più importanti dell’interrogatorio sostenuto dall’ex sindaco di Marina di Gioiosa Ionica Rocco Femia, nell’ambito del processo “Circolo Formato”.
Davanti al collegio presieduto dal giudice Amelia Monteleone, Rocco Femia si è seduto alle 12,40. Giacca bluemarine e tanta voglia di parlare, di spiegare che la detenzione cautelare alla quale è stato sottoposto un anno e mezzo fa per lui è ingiusta e che lui, da amministratore, ha sempre operato in maniera conforme ai tre principi ispiratori della sua lista: legalità, trasparenza e democrazia.
Femia parla a braccio, con una certa foga che viene occasionalmente contenuta dal presidente. Il suo difensore (e predecessore nel ruolo di sindaco) Francesco Macrì lo accompagna verso un percorso di domande tese a spiegare le scelte fatte da amministratore e, ancora prima, da candidato sindaco. L’inizio è soft. Femia parla del suo lavoro di docente di educazione fisica, della sua carriera calcistica, della squadra della Torre Galea fondata con alcuni vecchi amici e della passione per la radio. E per la politica. Inizia a metà degli anni ’80 e nel 1988 viene eletto consigliere comunale per la prima volta. Lui, giovane democristiano, eletto consigliere di una maggioranza frutto del compromesso storico tra Dc e Pci. Un esperimento che poi, vent’anni dopo, viene ripetuto quando decide di candidarsi a sindaco. Prima, però, ci sono quattro lustri da consigliere comunale, una candidatura, nel 2007, a consigliere provinciale con l’Udc e una rinuncia alla candidatura a sindaco nel 2005 quando, con la lista già pronta, Femia, in quell’occasione, rinunciò per sostenere Rocco Romeo, poi risultato sconfitto da Giulio Commisso. Una consiliatura che finì anzitempo per la malattia del sindaco che in pochi mesi causò la sua scomparsa. E così, quelli che erano i gruppi all’opposizione della sua maggioranza d’ispirazione civica (centrodestra e centrosinistra) avviarono un dialogo per trovare una sintesi tale da sostenere con una lista forte la candidatura a sindaco di Rocco Femia che sentiva che il suo momento era arrivato. Una decisione che diede la stura ad una serie di riunioni a casa dei fratelli Rocco e Francesco Agostino per trovare la quadra e, prima ancora, riuscire a convincere la sinistra e il suo leader Gianni Femia “Col quale – ha spiegato in aula l’ex sindaco – i rapporti non erano buoni dal punto di vista politico” della bontà del progetto di questo compromesso storico versione XXI secolo. Fu proprio il timore relativo alla mancanza di volontà di Gianni Femia ad allearsi con Rocco Femia e i suoi che indusse, secondo quanto dichiarato dall’imputato oggi in aula, a chiedere l’aiuto del cugino del leader del Pd, ovvero Rocco Mazzaferro classe ’64. “Eravamo compagni di squadra alla Torre Galea – ha spiegato l’imputato – ed era uno dei sostenitori del centrosinistra cittadino che contattai per chiedere di intercedere presso Gianni Femia al fine di convincerlo ad allearsi con noi. Lui – ha proseguito Femia – non ha mai influito sulle mie scelte politiche, tanto che quella volta che mi propose per telefono l’inserimento di una candidata nella mia lista la sua richiesta non fu esaudita per ovvie ragioni di opportunità elettorale, visto che essendo cugina di un altro candidato, avrebbe pescato nel suo stesso bacino di voti. Io – ha insistito più volte l’ex sindaco – ho sempre avuto la situazione in mano e ho sempre preso le mie decisioni nell’interesse della compagine amministrativa (specie quando fu il caso di dirimere qualche disputa in fase di composizione della giunta), oltre che della comunità che amministravo e lo dimostrano alcune scelte fondamentali, tra le quali l’acquisto, da parte del Comune, di mezzi come bobcat ed escavatore, necessari per ripulire la spiaggia dopo le frequenti mareggiate invernali, o la reinternalizzazione del servizio di lampade votive al cimitero, la stabilizzazione di due precari negli uffici comunali. Tutti i lavori compiuti – ha concluso – sono passati dalla Stazione Unica Appaltante Provinciale, anche quelli sotto la soglia dei 150.000 euro”. A proposito di giunta. Rocco Femia ha spiegato le dinamiche che portarono all’assegnazione dell’incarico a Domenico Mazzaferro “Il cui nome – ha dichiarato in Aula – mi fu indicato dai giovani dell’area Pdl della mia lista all’unanimità, al fine di completare l’organico dell’esecutivo”. Quindi, l’ex sindaco ha risposto a varie domande sulla sua esperienza amministrativa: “Quando m’insediai – ha detto – trovai un disastro e insieme al segretario comunale scoprimmo un buco da 600.000 euro che denunciammo”; ha spiegato le motivazioni che lo spinsero ad acquistare panchine e palme per il lungomare “con urgenza, visto l’approssimarsi della stagione estiva” e ha ricordato le intimidazioni (dirette e indirette) subite che lo indussero “a fare montare un portoncino blindato nel mio ufficio in Comune”. Una delle ultime domande del Pm Sirleo ha riguardato i suoi rapporti con Rocco Mazzaferro classe ’64 che il giorno della festa per la sua vittoria elettorale fu tra quelli che si aggregò alle celebrazioni, quando queste erano già iniziate da tempo. Alla pubblica accusa che gli chiedeva se avesse mai ravvisato la necessità di tenere le distanze da lui, Rocco Femia ha risposto che “Lo conosco da almeno trent’anni come una persona educata, corretta e rispettosa delle regole, anche quando giocava a calcio. Non gli ho mai visto fare niente di strano – ha aggiunto – e non sapevo nemmeno fosse attenzionato dalle forze dell’ordine”, fino all’unico neo che sembra ravvisare: “In effetti – ha concluso Femia – era solo un po’ millantatore”.
Prima dell’interrogatorio di Femia l’avvocato Nocera ha contestato l’acquisizione agli atti delle sentenze per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato (“Non essendo passate in giudicato – ha detto – non certificano alcunché”) e di quelle di altri processi, compreso quello a carichi di boss e affiliati della cosca Ruga-Metastasio “perché riguardano un territorio estraneo a quello oggetto del processo in corso”. Dal canto suo, il Pm Sirleo ha prodotto altre sentenze, prima della requisitoria che terrà, come anticipato ieri su Lente Locale, mercoledì 3.