DAL COORDINATORE PROVINCIALE DELLA LISTA “SCOPELLITI PRESIDENTE” ORESTE ROMEO RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE NOTA STAMPA:
Si fanno i conti con le conseguenze del c.d. Porcellum, in attesa che la scelta di Giorgio Napolitano sia coerente con il messaggio dell’urna ed alimenti la speranza che i nostri governanti non siano più subalterni ed impotenti sullo scenario continentale, fin qui dimostratosi attento ed ossequioso alle ciniche ragioni della grande speculazione finanziaria che notoriamente si celano dietro l’improbabile paravento degli intollerabili eccessi della pedanteria ragionieristica che accompagna la scriteriata azione della cosiddetta locomotiva d’Europa.
Il profondo disagio vissuto dal Paese dovrebbe orientare le decisioni che il Presidente della Repubblica assumerà da qui a breve, ed appare auspicabile che la rotta futura elìda le riserve di quanti non hanno condiviso la parte finale del settennato, soprattutto sulla mancata riforma di una legge elettorale che tiene in ostaggio il Paese dopo avere generato la c.d. antipolitica, che qualcuno oggi si rimprovera di avere guardato con eccesso di superficialità e con scarsa lucidità, addirittura in preda alla convinzione, rivelatasi velleitaria, di poterne trarre vantaggio. Il nodo dell’autunno del 2011, oggi, è venuto al pettine, e ciò è plasticamente certificato dalle intemperanze verbali con le quali il capo della socialdemocrazia tedesca, mettendo in grave imbarazzo il nostro Presidente della Repubblica, ha sostanzialmente lamentato, con la tipicità dei toni propri degli eredi di Attila, il venir meno di una “garanzia” italiana. Una “garanzia” che aveva portato l’Italia, per volontà di questa Europa a rude trazione germanica, alla drastica cura Monti, sicuramente sponsorizzata dal prestigio del simbolo dell’Unità Nazionale, ma altrettanto chiaramente bocciata dal corpo elettorale. Non è dato sapere se quella “garanzia” riguardasse il dopo-Monti, anche se gli indizi conducono in questa direzione. Ad ogni modo, dato certo nella sua graniticità è che lo stesso “amor di patria” che ha scardinato l’esito del voto del 2008 per fare spazio al rigore non lo si sia apprezzato lì dove si trattava, tra un balzello e l’altro, di responsabilmente occuparsi anche della pronta archiviazione del Porcellum che avrebbe senz’altro stimolato ed ispirato la restituito in integrum della dignità che non può far difetto alla rappresentanza politica. Una volta immolata sull’altare del sen. Monti e di ciò che egli rappresenta, non ci si poteva, insomma, attendere che la volontà popolare subisse un serio vulnus nel momento in cui il tecno-governo con la più larga maggioranza della storia repubblicana non ha saputo o voluto procedere ad una rassicurante saldatura del patto, etico e civile, che deve legare la cittadinanza alla classe politica ed alle istituzioni. A fronte di queste deficitarie evidenze, è stato chiaro, ed ha esercitato risolutiva incidenza sul voto, come nell’autunno del 2011, sotto l’ombrello del “bene dell’Italia” si sia messo al riparo solo ciò che di noi si pensava in Europa, lasciando, per converso, esposto alle intemperie cosa noi si pensasse di un’Europa della quale, ad onor del vero, in precedenza ci si era sempre occupati poco e male. Di più: si è puntato a farci credere, grazie anche al non trascurabile contributo offerto dall’informazione militante fatta di pusher di pseudo-verità, che il problema dei problemi fosse l’abbandono della scena politica del giaguaro, la cui incoercibile opposizione al nazismo finanziario dei tecnocrati nordeuropei è stata sfruttata sul piano della comunicazione interna e fatta passare come la causa della perdita di credibilità della Nazione, da recuperare sullo scacchiere internazionale con l’avvio di una stagione politica sobria e di rigore. Il responso popolare è stato tranciante, non potendosi dubitare che le elezioni rechino sempre un contributo di verità, puntualmente giunto anche in questa tornata, anche in direzione del Colle più alto d’Italia. Penalizzati i professori, comunque sopravvissuti, seppur in modica quantità, al dissolvimento delle personali ambizioni dei loro improbabili dioscuri; sconfessato l’apparato dell’ipocrisia che sembrava destinato al governo del Paese e che oggi invece sbatte contro il muro di una sensibile distanza dalla gente, peraltro già emersa nella grottesca fase delle primarie soggette al dirigismo della nomenclatura di partito; algida indifferenza popolare per il plotone di deplorevoli istinti rivoluzionari predicati dalla settaria saldatura di parte del mondo dell’informazione con una frangia residuale di titolari di pubblici e delicati poteri. Insomma, l’Italia ha parlato all’Europa, mostrando attenzione, dopo circa un anno e mezzo di patimenti inenarrabili, soprattutto verso un composito e variegato Movimento che oggi viene celebrato pur non essendo andato oltre l’illustrazione delle conseguenze dell’insufficiente limite palesato dalla classe politica italiana e dalla scarsa, quando non eterea, incidenza della stessa sulle politiche europee votate allo sterminio finanziario. Per altro verso, è stato rinnovato l’interesse verso il polo che ha avviato un positivo processo di rinnovamento al proprio interno ed è riuscito a mantenere coerenza con i valori fondanti, mettendo in campo proposte concrete e precise per il superamento di una pesante involuzione determinata da politiche comunitarie sicuramente da rimodulare. Lavoro, eccesso di pressione fiscale, agonia del mondo imprenditoriale, estraneità del ruolo delle banche al tessuto sociale ed economico del Paese, sono tutte emergenze che esigono risposte nell’immediatezza, al pari della necessità di una nuova legge elettorale che sappia restituire dignità al cittadino ed alle scelte che lo stesso ha diritto di compiere per disegnare il proprio futuro.A ben guardare, trattasi di ingredienti di una bomba sociale della quale non si avverte il bisogno, ma ciò forse non appare ancora chiaro a chi, non pago della memorabile impresa di non vincere pur essendo arrivato primo, edifica, come nulla fosse, monumenti di ipocrisia alla “responsabilità” che, invece, se fosse declinata correttamente, sarebbe la scintilla della speranza dell’avvio di una stagione di maturità.