di Antonio Guerrieri
LOCRI – L’idea che le popolazioni dei 42 comuni Locride vivano almeno 42 vite e destini paralleli e differenti si è rafforzata durante questa campagna elettorale europea. La raccolta delle firme, gli incontri, l’affissione dei manifesti, il monitoraggio delle operazioni di voto hanno permesso a chi scrive, militante, un rapido, ma intenso e profondo susseguirsi di repentine immedesimazioni in ognuna delle varie realtà di questo territorio. Le consapevolezze acquisite, pur se inevitabilmente superficiali, e l’immediato confronto delle diverse realtà hanno consentito quindi di delineare, se non un vero e proprio quadro generale del territorio, cosa che quasi mai è al centro del dibattito politico-amministrativo locale, perlomeno di evidenziarne la complessità e situazioni limite che non è più possibile in un paese civile lasciare al proprio destino.
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Domenica 25 maggio la scelta, quindi, di osservare le operazioni di voto e il clima elettorale cittadino in tre comuni della Locride emblema di questa tornata elettorale: Samo, Staiti e Africo.
A Samo era previsto il ritorno alle urne anche per il rinnovo del consiglio comunale a seguito dello scioglimento per mafia del 2012. Nessuna lista è stata presentata e il commissario prefettizio è stato quindi costretto ad annullare le elezioni. Alla famosa frase di Corrado Alvaro sulla disperazione più grande di una società in cui si pensi che “vivere onestamente sia inutile” sarebbe il caso di aggiungere che è disperata anche la società che non riesca a trovare al proprio interno chi possa esserne guida.
Più che il disinteresse o i timori derivanti dalla delicata situazione del comune avrà di certo influito lo spopolamento e l’emigrazione. Persino Giovanna D’Agostino, giovane candidata alle scorse regionali e che forse avrebbe potuto aspirare alla carica di sindaco, non abita più a Samo e neanche in Calabria.
Si ha ora un ulteriore anno di tempo per arrivare ad una doverosa e non più rimandabile messa in gioco in prima persona da parte di chi questa volta ha deciso, pur se legittimamente, di restare a guardare.
In paese quasi nulla lascia intuire che sia questa una domenica elettorale complice anche il seggio elettorale situato in una scuola posta lontano dalla piazza principale. Venticinque elettori alle ore 11 confermano che per questa volta la democrazia sarà un film girato altrove.
A Staiti, un’ora di viaggio da Locri e nove chilometri di mulattiera che solo negli elenchi della Provincia di Reggio Calabria risultano strada provinciale, l’universalità dei diritti è una chimera.
Per il più piccolo paese della Calabria tutto è razionato, centellinato, concesso con cautela, meglio non abusarne. Sta arrivando il metano, ma per compensare, i lavori, anche quelli già ultimati, devastano la tortuosa e già abbastanza sconnessa strada per il centro abitato. A Staiti la posta, anche quella importante, arriva solo una volta a settimana e persino l’ufficio postale vive un mondo a sé rispetto al resto d’Italia: aperto solo fino al giovedì e qualcuno afferma che ciò sia il frutto di un accordo per permettere all’unico dipendente di godere di anni di ferie arretrate non godute.
Undici i votanti a mezzogiorno nel paese grecanico della Locride. “Qui non siamo in Italia, figuriamoci se pensiamo all’Europa” è ciò che ci fu ripetuto in occasione della raccolta delle firme.
Come dargli torto?
La sosta ad Africo non era prevista, ma passandoci lungo la strada tra Samo e Staiti, via S.S. 106 non avendo trovato le segnalazioni per le esistenti via interne, è tornato alla mente il pensiero della peculiarità del paese, quello nuovo, sul mare. Un’enclave all’interno del comune di Bianco che concesse parte del proprio territorio per la ricostruzione di Africo a mare dopo l’abbandono derivante dalla devastazione alluvionale dell’antico centro urbano montano. Per lo Stato Africo e gli africesi sono ancora lì e per questo motivo li considera appartenenti al circondario giudiziario di Reggio Calabria e non di Locri con tutto ciò che ne consegue per il diritto alla giustizia dei suoi abitanti. Qui l’affluenza mattutina e il fermento sono più incoraggianti, ma anche qui, come a Samo e a Staiti, l’Europa non ha impedito che vi fosse un’altra anomalia oltre a quella giudiziaria suddetta.
Qualche settimana addietro una rapina ha sbancato l’ufficio postale e da quel giorno l’ufficio è inspiegabilmente chiuso e gli abitanti affermano di non ricevere la posta. “Dovremmo ribellarci, ma il fatalismo è più forte di noi” afferma uno sconsolato elettore. “A Locris Italiae frons incipit” scrisse Plinio il Vecchio, a Locri inizia la fronte dell’Italia. Dell’Europa ancora nessuno ha mai giustamente trovato il coraggio di scriverlo, ma la colpa è molto più nostra che di Bruxelles.