A ben guardare, calendario alla mano, i precari “storici” della Scuola italiana sembrano non avere tutti i torti, al contrario pare che la ragione sia nettamente dalla loro parte posto che chi dovesse iniziare a frequentare i suddetti percorsi a partire da domani, detto per assurdo, è chiamato a conseguire i 60 CFU con annesse lezioni online, fino al 50 per cento, e per la restante metà in presenza, con esame finale, sempre in presenza, e non ce la potrà mai fare con la suindicata tabella di marcia. Forse, qualche chance in più ce la possono avere coloro che, richiedendo un percorso da sessanta crediti, potranno scorporare i 24 crediti precedentemente conseguiti entro il 31 ottobre 2022 e quindi dovendone unire soltanto altri 36; così come i precari cosiddetti “triennalisti” che saranno invece chiamati a conseguire 30 crediti universitari: di fatto, però, siamo solo nel campo delle ipotesi.
di Antonio Baldari
Sono neri di rabbia, anzi no, nerissimi. Sono sempre loro, i precari “storici” della Scuola italiana, cui non è affatto bastato l’essersi addolciti durante l’ormai archiviata Santa Pasqua, che assistono impotenti a ciò che è accaduto nei giorni scorsi con la raffica di date per quanto concerne i concorsi, a cui si stanno dedicando con il meglio di sé dopo oltre dieci anni di insegnamento, ma che nulla ancora sanno per quanto concerne le abilitazioni. E sbottano di brutto.
“I percorsi abilitanti? Non se ne sa nulla ed è sempre più chiaro che ce l’hanno con noi! Perché diciamo questo? Semplice, perché il tempo passa inesorabilmente – essi affermano – e questo non gioca affatto a nostro favore giacché non ce la si può fare a completare il percorso concorso più abilitazione, tanto più che al ministero sembra che abbiano già stabilito che il tutto deve essere portato a termine entro il prossimo 30 giugno – precisano – salvo poi sciogliere loro la riserva entro il prossimo mese di luglio”.
A ben guardare, calendario alla mano, i precari “storici” della Scuola italiana sembrano non avere tutti i torti, al contrario pare che la ragione sia nettamente dalla loro parte posto che chi dovesse iniziare a frequentare i suddetti percorsi a partire da domani, detto per assurdo, è chiamato a conseguire i 60 CFU con annesse lezioni online, fino al 50 per cento, e per la restante metà in presenza, con esame finale, sempre in presenza, e non ce la potrà mai fare con la suindicata tabella di marcia.
Forse, qualche chance in più ce la possono avere coloro che, richiedendo un percorso da sessanta crediti, potranno scorporare i 24 crediti precedentemente conseguiti entro il 31 ottobre 2022 e quindi dovendone unire soltanto altri 36; così come i precari cosiddetti “triennalisti”, ossia coloro che hanno all’attivo tre anni di insegnamento negli ultimi cinque – con uno specifico sulla disciplina – che saranno invece chiamati a conseguire 30 crediti universitari: di fatto, però, siamo solo nel campo delle ipotesi.
Di certo non c’è nulla tranne qualche rumors, riportato nelle precedenti edizioni del Nostro Giornale, in ossequio al quale dovrebbero essere questi i giorni più probabili per l’emanazione del decreto e, di riflesso, del via libera a ciò che può, in ogni caso, dare maggiore sicurezza di poter lavorare a coloro i quali, da tantissimo tempo, vagano nel limbo pur avendo consentito l’apertura delle scuole, ogni anno, ma che, di fatto, non hanno alcunché di stabile in mano, per il proprio futuro.
Sarà questa la volta buona? Loro, i precari “storici” della Scuola italiana, non ci credono quasi più affermando che “È assolutamente vergognoso essere trattati così, lasciandoci appesi alle loro volontà e, quel che è peggio, senza il benché minimo spiraglio: dovrebbero allungare i tempi quantomeno fino al prossimo 31 luglio per poi sciogliere la riserva nel mese di agosto ma difficilmente lo faranno o, per meglio dire, perché non lo hanno fatto prima?” – asseriscono. Per ora senza ricevere risposte.