La succitata sentenza non fa altro che confermare quanto già sancito dalla giurisprudenza sul tema e, nello specifico, prendendo in esame alcuni docenti che avevano fatto causa al Ministero dell’Istruzione chiedendo un risarcimento danni per la serie di contratti a termine inferti negli anni. Purtuttavia i ricorrenti erano già stati assunti con contratto a tempo indeterminato nel corso del primo grado di giudizio, di conseguenza non sussisteva alcun danno ulteriore da risarcire.
di Antonio Baldari (foto fonte Wikipedia)
Sono giorni di grande fermento nella Scuola italiana all’indomani della prova scritta per il primo dei due concorsi che il Ministero dell’Istruzione e del Merito bandirà nell’anno in corso per l’immissione in ruolo la più veloce possibile, secondo anche e soprattutto i vincoli imposti dall’Europa, che ha bacchettato l’Italia proprio sui tempi di esecuzione ed applicazione di una procedura concorsuale alle migliaia di candidati.
E legato a doppio filo con tale situazione è il recente provvedimento destinato a scombussolare in parte i piani di quadratura dei conti a viale Trastevere, ossia il risarcimento ai precari con oltre 36 mesi di servizio. È la Corte di Cassazione a ribadirlo, con l’ordinanza del 24 novembre 2022, n. 34660, considerando coloro i quali hanno prestato tre anni di servizio e più nella scuola, avendo diritto ad un importante riconoscimento di carattere economico “per la mancata immissione in ruolo”.
La succitata sentenza non fa altro che confermare quanto già sancito dalla giurisprudenza sul tema e, nello specifico, prendendo in esame alcuni docenti che avevano fatto causa al Ministero dell’Istruzione chiedendo un risarcimento danni per la serie di contratti a termine inferti negli anni; purtuttavia, come spiega la Corte distrettuale nella sua decisione, i ricorrenti erano già stati assunti con contratto a tempo indeterminato nel corso del primo grado di giudizio, di conseguenza non sussisteva alcun danno ulteriore da risarcire.
A questo punto i docenti ricorrenti hanno quindi impugnato la sentenza stante “La violazione dell’articolo 36 del decreto legislativo n. 165/2001”, che per l’appunto regola i risarcimenti in caso di abuso dei contratti a termine; i giudici del “Palazzaccio” romano, però, hanno ritenuto infondato tale motivo di ricorso, richiamando nel merito come ormai consolidato l’orientamento secondo cui “Nel comparto scolastico l’immissione in ruolo costituisce una sanzione adeguata a cancellare l’illecito, senza necessità di un ulteriore risarcimento”.
Tale impostazione è stata altresì confermata dalla Corte di Giustizia dell’UE che non impone agli Stati membri di prevedere un indennizzo aggiuntivo rispetto alla trasformazione del rapporto di lavoro, pertanto la decisione chiarisce in modo definitivo che, nel mondo della scuola, l’assunzione a tempo indeterminato assorbe ogni pretesa risarcitoria legata ad eventuali abusi contrattuali pregressi.
Ad ogni buon conto sono ancora in tantissimi a potere presentare istanza di risarcimento, molti l’hanno già avuto con il ministero costretto a risarcire diverse migliaia di euro, per come del resto dimostrano le numerose sentenze.