No a chi sacrifica il benessere degli animali alla logica del profitto. Lo sostiene la Corte di Cassazione, che ha detto la sua sulla drammatica vicenda del canile “I giardini di Pluto” di Carovigno (Brindisi) dove alloggiavano 900 cani contro un limite di capienza di 200 quattrozampe. Una vicenda che ha sollevato anche interpellanze parlamentari per lo sgombero di 151 cani, poi collocati nel ricovero “Dog service”, traumatizzati dalla separazione dagli altri con cui ormai convivevano da anni in non molto spazio ma in buone condizioni di igiene, vitto e salute.
{loadposition articolointerno, rounded}
Lo scrive “QN”. Dando atto del fatto che nonostante gli spazi ridotti i cani stavano bene, la Suprema Corte – confermando il sequestro de “I giardini” – ha spiegato che i provvedimenti della magistratura di Brindisi hanno l’obiettivo di porre fine al business del randagismo. Segnala la Suprema Corte: “La presenza di animali in sovrannumero, in misura quattro volte superiore al limite” non era “il portato della emergenza del randagismo sul territorio, quanto piuttosto di una scelta imprenditoriale diretta a sacrificare il benessere degli animali alle logiche del profitto”.
Era risultato che – scrivono i giudici nella sentenza 37859 della Terza sezione penale – “anziché adoperarsi per rientrare nel limite prescritto delle 200 unità, per il canile rifugio, e nelle 20 per il canile sanitario, la struttura continuava a partecipare e ad aggiudicarsi le gare indette dai vari Comuni incrementando ulteriormente il numero degli animali ricoverati”. Con questa sentenza, la Cassazione ha confermato il sequestro convalidato dal Tribunale del riesame di Brindisi il 6 dicembre del 2013. “Occorre premettere – sottolinea la Cassazione – che il Tribunale ha espressamente chiarito, prendendo precisa posizione sugli esiti delle consulenze di parte prodotte nel corso dell’incidente cautelare, che alcuna contestazione è stata sollevata in ordine alle condizioni igieniche dei luoghi nonché alla cura con cui gli animali sono stati seguiti dal punto di vista clinico e nutrizionale”. In base alle più recenti normative, insomma, ogni Comune deve dotarsi di un “asilo” per i cani senza proprietario e non devono più esserci canili utilizzati da più Comuni
(fonte nelcuore.org)