di Redazione
«I servizi sociali costituiscono una delle funzioni di maggiore importanza all’interno del tessuto sociale nazionale. La mancanza di un adeguato numero di professionisti negli organici delle PA pregiudica la qualità dei servizi e delle prestazioni erogate dagli enti locali. Soprattutto all’indomani della pandemia, è risultata evidente la necessità di incrementare l’organico dei servizi sociali come, ad esempio, il numero degli assistenti sociali, vere e proprie sentinelle del disagio e delle difficoltà della popolazione, anello di congiunzione tra le amministrazioni e le famiglie più fragili che, purtroppo, sono tantissime anche nella nostra regione».
Così in una nota il consigliere regionale Ernesto Alecci.
«Qualche anno fa – prosegue – un provvedimento ministeriale, relativo alla concessione dei contributi previsti per il potenziamento dei servizi sociali comunali, intendeva dare vita all’assunzione di nuovi assistenti sociali fino ad arrivare ad 1 assistente ogni 5.000 abitanti, per poi negli anni scendere fino a 1 ogni 4.000. In realtà, per come è stato scritto, il provvedimento rende di fatto praticabile questa strada solamente a quegli Ambiti che hanno già un rapporto di un assistente ogni 6.500 residenti. Da subito, in qualità di sindaco di Soverato e presidente dell’Ambito sociale ho fatto presente attraverso atti formali questa iniquità, sollecitando il Ministero a prendere dei provvedimenti, poiché in questo modo vengono, paradossalmente, penalizzati proprio quei territori in cui il rapporto è più alto e quindi la necessità di potenziare i servizi risulta maggiore, territori concentrati in massima parte nel Meridione d’Italia. E’ come se, per esempio, in un Pronto soccorso, si desse priorità ai “codici verdi” o ai “codici bianchi” piuttosto che ai “codici rossi” che necessitano di cure più urgenti».
«Anche da consigliere regionale – conclude Alecci – mi sto battendo contro questo paradosso e ho anche presentato una mozione in Consiglio che intende impegnare la giunta regionale a farsi carico della questione intervenendo presso il governo nazionale al fine di chiedere l’ampliamento della possibilità di utilizzare i fondi anche a quei territori che, allo stato attuale, non rispettano i parametri previsti dal provvedimento. Anche perché una rete di assistenza sociale che funziona bene è un elemento fondamentale per la presa in carico di persone fragili che altrimenti andrebbero a gravare ulteriormente su un sistema sanitario già saturo. E dopo gli assistenti sociali sarebbe opportuno ampliare il perimetro e la portata del provvedimento agli educatori professionali e agli psicologi, anch’essi importantissimi nel funzionamento dei servizi sociali pubblici. Non ho intenzione di arrendermi. Mi auguro si possano in breve trovare delle strade per risolvere questa problematica, garantendo parità di accesso ai contributi da parte di tutti. E se continuerò a non avere risposte sono pronto a recarmi a Roma, sotto il Ministero per protestare contro questo provvedimento iniquo e discriminatorio».