di Gianluca Albanese
Ci sono pensieri, ricordi, emozioni che non possono restare dentro l’anima. Attimi di vita e anni spensierati, sapori e suoni, scherzi e fantasie.
“Sfaìss (un suono, un flash, un fruscio…)” (2016, Arti Grafiche edizioni”) è il terzo libro scritto da Filippo Todaro, in cui l’autore racconta il proprio piccolo-grande mondo.
Un po’ arduo definirlo “fatica letteraria” se si pensa che l’autore ha semplicemente – ed efficacemente – trasferito su carta, alcuni flash della propria vita, condividendo col lettore i propri pensieri sempre profondi e mai banali, i propri ricordi nei quali anche chi legge può specchiarsi e magari andare a scavare nel bagaglio dei propri.
Ricordi, pensieri ed emozioni in ordine sparso, senza un preciso criterio cronologico, ossequiosi solo della verità e della sincerità dei propri sentimenti, spesso nostalgici, sovente ironici, mai scontati.
Proprio come quelli dei grandi blogger dello scorso decennio, quando ci si imbatteva nelle righe pubblicate on line da persone sconosciute in un altro angolo del pianeta e si avvertiva comunque la curiosità, la voglia di leggerle e condividerle.
E allora, grazie a “Sfaìss” ci siamo sentiti anche noi in una giornata oziosa seduti a un tavolo di piazza San Vittorio, abbiamo stentato a riconoscerla dopo anni di permanenza in una Amsterdam che la notte di Natale non offre il suo volto libertario, tollerante e cosmopolita ma solo la tristezza delle tradizioni e dei giochi lasciati a casa migliaia e migliaia di chilometri lontano.
Abbiamo visto riemergere la carcassa di quella vecchia barca che fu la nostra dimora nelle estati spensierate della gioventù e siamo diventati sodali degli amici narrati nel libro, assaporando insieme a loro le tanto desiderate polpette di melanzane o l’orata “triste” innaffiata da un delizioso “Corvo Glicine” ghiacciato.
Ecco perché – a nostro modo di vedere – un libro come “Sfaìss” andrebbe presentato in uno spazio pubblico e in maniera informale, magari in un angolo della piazza di Roccella con gli amici descritti in veste di relatori. Sarebbe la maniera più autentica di rivivere “live” le scene narrate.
Ogni riferimento ad un’eventuale proposta all’autore è puramente voluto.
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