(FONTE IL VELINO)
Secondo quanto si è riusciti ad apprendere, ignoti hanno citofonato all’appartamento occupato dal figlio di Gratteri che si trova al terzo piano di un stabile nel centro storico di Messina a ridosso della cittadella universitaria. Al giovane, è stato chiesto di aprire il portone, alla richiesta di chi stesse parlando al citofono, è stato risposto: “Siamo della polizia, aprite”. Pochi minuti dopo, non vedendo arrivare nessuno, il figlio del magistrato si è affacciato sul pianerottolo, giusto il tempo per notare due individui con il volto coperto da un passamontagna mentre scendevano le scale arrivando dal piano superiore. A quel punto lo studente tornava in casa chiudeva bene il portone ed informava subito il padre. L’episodio veniva subito dopo denunciato alla polizia di Stato e partivano le prime indagini ed i primi accertamenti. Nessuna ipotesi viene al momento scartata, chiaramente però quella che più viene tenuta in considerazione porta ad un tentativo d’intimidazione da parte della ‘ndrangheta.
L’incursione dei due giovinastri con tanto di passamontagna, il fatto che abbiano citofonato proprio all’interno occupato dal figlio di Gratteri e l’essersi qualificati come agenti della polizia, finisce con il lasciare poco spazio alla casualità dell’episodio. Del resto Nicola Gratteri è uno dei magistrati più esposti del Paese. Le sue indagini incidono pesantemente sui bilanci dei narcotrafficanti con tonnellate di cocaina purissima sequestrate al termine di indagini condotte non solo in Italia ed in Europa ma anche direttamente nei luoghi di produzione. È di alcune settimane addietro l’arresto in Costarica di narcotrafficanti italiani ed è la prima volta che provvedimenti di cattura emesse dalla magistratura italiana vengono eseguiti dalle autorità del Costarica senza lungaggini e senza rogatorie.