(Foto e Video di Enzo Lacopo)
SIDERNO – L’assessore regionale all’Ambiente Antonietta Rizzo ha incontrato i Sindaci della Locride e le associazioni cittadine e ambientaliste tra cui il Comitato a Difesa della Salute dei Cittadini Sidernesi
Osservatorio Ambientale “ Diritto per la Vita”, che tramite il rappresentante Arturo Rocca hanno consegnato all’assessore il seguente comunicato:
All’Assessore alla Tutela dell’Ambiente Antonietta Rizzo
Regione Calabria
Gravi emergenze ambientali a Siderno
Il Comitato a Difesa della Salute dei Cittadini Sidernesi e l’Osservatorio Ambientale “ Diritto per la Vita” chiedono un intervento immediato e risolutivo delle ormai croniche e ben note problematiche ambientali che insistono nella zona Pantanizzi, dove esistono stabilimenti industriali ed agglomerati urbani.
Due sono le questioni principali:
la prima riguarda la ex-BP, meglio nota come “fabbrica della puzza”, che silenziosamente ancora emette odori, e da più di 30 anni incombe con il suo carico devastante sulla vita degli abitanti che vivono nei pressi. Nel caso di incendio, fortuito, doloso o indotto per il calore tutta la zona sarebbe interessata dai veleni cancerogeni, teratogeni, mutageni e tossici per come risulta nei documenti presenti agli atti dell’Assessorato da Lei guidato.
Da settembre, data del primo indizio, aspettiamo una risposta alla richiesta di intervento immediato per la bonifica e messa in sicurezza del sito; la mancanza di fondi non può essere accettata per chi vive nei dintorni con seri rischi per l’incolumità.
Serve un immediato intervento, non più procrastinabile di pulizia dalle erbacce, dagli arbusti e dai rovi che crescono rigogliosi, come si è potuto verificare qualche mese fa insieme alla dott. Angela Bruna Cardile dell’ArpaCal.
I bidoni sia metallici che in resina rimasti per tanti anni alla mercé degli agenti atmosferici emettono sostanze odorigene se non tossiche, come è stato verificato nel corso di quella visita e molti presentano crepe ed ossidazione a rischio di rottura al solo contatto.
La presenza di sostanze facilmente infiammabili, anche per il solo calore, creerebbe una reazione a catena mettendo a rischio l’incolumità di tutta la popolazione coinvolta.
Nel sito sono presenti almeno 21 sostanze cancerogene, 37 a rischio di esplosione e 51 che possono emettere fumi tossici, come si può verificare dall’allegato 1 Nota tecnica inviata dalla ditta Re.AL Service all’Ufficio del Commissario delegato per l’emergenza ambientale della Regione Calabria (pratica n.2003/0257ce, prot. 1863/03 dell’ottobre 2003) e altri documenti che si trovano negli uffici di codesto assessorato. Si rinvia a pag. 29 di questo allegato che esprime gli stessi concetti sui rischi associati.
Urge una pulizia immediata del sito e una bonifica ancora più veloce per verificare quanti fusti, bidoni o altro sia rimasto nella zona ed eventualmente ancora da scoprire, in quanto non sono note tutte le sostanze presenti a causa dei rischi associati a manovrare contenitori corrosi.
La seconda, non meno importante, è la Sika che, per anni ha lavorato senza tutte le autorizzazioni necessarie, solo a ottobre ha ottenuto l’AIA. I risultati delle analisi effettuate nel mese di novembre lasciano perplessi se non dubbiosi circa i danni delle emissioni in atmosfera o di scarichi delle acque reflue.
Su tre prelievi effettuati da fine novembre al mese di aprile dalla stessa SIKA e dall’ Arpacal, nei sette piezometri posizionati tutt’intorno alla fabbrica, come previsto dall’autorizzazione AIA concessa, le analisi evidenziano valori di sostanze cancerogene al di fuori di ogni possibile dubbio sul fatto che il sottosuolo di quel sito è inquinato da TRIELINA, CLOROFORMIO, TETRACLOROETILENE e altre sostanze cancerogene.
Verifiche nelle acque sotterranee dei pozzi privati situati nei dintorni e di tutta una fascia allargata alla zona “industriale” di Pantanizzi danno valori molto più bassi, minimi o assenti, come risulta dalle stesse analisi dell’ARPACAL.
Malgrado le dichiarazioni dell’azienda che le sostanze non sono compatibili con la produzione in atto, noi pensiamo che non sia possibile continuare la produzione se non venga prima svolto un controllo approfondito su tutto l’intero processo produttivo, sulle sostanze utilizzate o emesse e sugli scarichi dei reflui di lavorazione in acqua.
Si rammenta che sono state rilevate alte concentrazioni delle sostanze già citate nei mitili che si riproducono nello specchio di mare antistante la fabbrica e che sono in corso di accertamenti sui pesci e sui sedimenti marini, sempre nello stesso tratto di costa. Purtroppo l’ASP non è convenzionata con laboratori che effettuano le indagini necessarie sui prodotti ittici per rilevare gli inquinanti già trovati nelle acque sotterranee, ma certificano solo diossine e PCB.
Al momento altre possibili sorgenti dei veleni trovati non sono state individuate e crediamo, quindi, sia compito dell’azienda dimostrare che tali inquinanti altamente cancerogeni non escano dai propri camini o che non vengano scaricate nei terreni ed è per questo che si chiede un intervento immediato e risolutivo. Si rammenta che i cittadini si trovano nell’impossibilità di utilizzare l’acqua dei loro pozzi per usi irrigui e non possono nemmeno consumare frutta e verdure da loro prodotte.
Nel mentre si continua a ribadire la convinzione dell’incompatibilità della presenza della SIKA in zona ad alta densità abitativa, si chiedono interventi immediati per scongiurare ulteriori rischi.
Siderno, 10 maggio 2017
Comitato a Difesa della Salute dei Cittadini Sidernesi
Osservatorio Ambientale “ Diritto per la Vita”
Video con gli interventi d’inizio incontro.