di Emanuela Alvaro (Fotogallery e Video di Enzo Lacopo)
SIDERNO Un termine, Legalità sul quale “tanti, troppi si sono ritagliati uno spazio proprio, atteggiamento che ha portato ad uno stallo sociale ed economico”. Giuseppe Romeo e Salvatore Cosentino finalmente vanno oltre il qualunquismo che sulla legalità si continua a fare.
Nell’incontro dal titolo “La Locride non è solo ndrangheta” organizzato dal gruppo consiliare Fattore Comune, moderato ed introdotto da Domenico Panetta e dal consigliere Salvatore Oppedisano, i due relatori, Giuseppe Romeo, saggista pubblicista e Salvatore Cosentino, magistrato presso il Tribunale di Locri, hanno ricordato quanto di bello c’è e merita di far conoscere la Calabria, ma allo stesso modo quello che necessariamente deve cambiare per non cadere in stereotipi fin troppo abusati.
«Il problema sociale, economico ed educativo sono assolutamente verità, ma nostro malgrado così facendo ritorniamo a parlare sempre della stessa cosa». Romeo ha sottolineato come, pur conoscendo ciò che ha scatenato questa “malattia”, avendo prognosi e diagnosi la stessa continua a persistere. «La soluzione dei problemi che consociamo, in qualche modo avrebbe favorito la cura. Organizziamo grandi manifestazioni sulla legalità, alla fine sterili, predisponiamo importanti operazioni con tantissimi arrestati dei quali poi la maggior parte viene scarcerata e a pagare rimangono in pochi e magari non i veri artefici di tutto questo. Ma allora chiediamoci che credibilità possiamo avere?». Romeo si è soffermato sulla criminalizzazione che costantemente subiamo, ma allo stesso modo ha posto l’accento sull’impegno di ciascun cittadino per cambiare veramente questo stato di cose.
«Calabrese uguale criminale e non se ne esce – ha continuato Romeo – un pensiero mediatico che non va bene. Per andare oltre tutto ciò dobbiamo ripartire con un approccio mentale differente. Io non mi sarei mai vantato di aver arrestato un mio compagno di classe, mi sarei chiesto il perché è successo. Il fatto che la Calabria rimanga in questo stato a qualcuno torna utile. La realtà è questa, ma se non prendiamo consapevolezza della reale situazione, non stiamo facendo altro che prenderci in giro da soli. La nostra deve essere una visione della legalità molto più ampia che, alla fine, è tutt’altra cosa da quella che proponiamo di continuo. Parlare di legalità significa parlare di sanità, trasporti e di tutto quello che non viene garantito al cittadino. La Locride solo acquistando consapevolezza e rimboccandosi le maniche potrà uscire da questo stallo».
Di legalità come mezzo è non come fine ha parlato ai presenti Salvatore Cosentino. «A 24 anni fui scelto dalla Calabria e fui catapultato a Locri e piansi pensando di trovare l’inferno e questo non fu. Terra fertile anche di crimini, ma non solo, oasi intellettuale e culturale. La Calabria è come una conchiglia, sembra vuota, ma dentro puoi sentirci il mare. Una Regione con risorse materiale e umane incommensurabili. Una bellezza non decisa ma struggente, inconsapevole e rassegnata. Ma la malattia della rassegnazione “du chi tu faci fari” deve essere combattuta, può essere più criminale della ndrangheta. Smettiamola con questa epopea della rassegnazione. Voi non siete bravi a farvi conoscere e fuori della Calabria vi ignorano colpevolmente con l’aggravante del pregiudizio. Pregiudizi che obnubilano anche gente attrezzata culturalmente. La vostra colpa è l’assuefazione al peggio – ha continuato Cosentino – qui il problema è culturale perché la criminalità si sconfigge anche e soprattutto con il bello, con l’arte. Sono arrivato piangendo perché credevo mi attendesse l’inferno e andrò via piangendo, ma questo volte per il dispiacere».
Tra i presenti che hanno preso la parola, Pino Mammoliti il quale ha posto l’accento su fatti accaduti che, secondo lui, hanno sfilacciato il tessuto sociale locrideo.
«Mi permetto di segnalare l’“Operazione Primavera” e come ancora oggi sono gli stessi individui a tessere le fila della tirannia locale, dove ad avere una colpa pesante è la borghesia che a momenti alterni ha attinto da una politica scellerata o dalla ndrangheta, lasciando spazio ad una politica sgangherata dove sacerdotesse della legalità hanno ingiustamente coperto ruoli nella politica nazionale. Lo Stato è incapace di mostrarsi forte nella Locride. A livello mondiale siamo stati ridicolizzati con la vicenda della squadra dello Sporting Locri, ma la magistratura non ha dato ancora risposta».
Affermazione quest’ultima alla quale il dottor Cosentino ha replicato dicendo che, al contrario, la magistratura aveva dato risposta circa otto mesi prima con un’indagine e, in un’intervista televisiva, evidenziato di aver, nei limiti del segreto istruttorio, ristabilito la verità dei fatti escludendo ogni legame tra quegli eventi criminosi e la specifica caratura criminale della Calabria, (trattandosi di banale, comune criminalità non organizzata) con impegno da parte della procura a ridare, comunque, dignità all’immagine della regione.
Di uno Stato in cui il cittadino non vuole e non può riconoscersi ha parlato Mario Congiusta. «Non si sconfigge la ndrangheta se lo Stato non lo vuole e il fatto che non ci indignamo più è perché qualcuno lo ha voluto. Ma cosa devo fare di più se non vedrò in vita la chiusura del processo che mi interessa, se è arenato perché il Consiglio di Stato si deve pronunciare? Noi siamo figli della tanto decantata Magna Grecia solo per un caso. E non mi dite più che lo Stato sono io! Lo stato ha mai messo in agenda la lotta alla ndrangheta, quando ha voluto fare lotta al terrorismo lo ha fatto perché lo aveva deciso».
La Fotogallery e il video ESCLUSIVO degli interventi a cura di Enzo Lacopo