di Antonella Scabellone
SIDERNO- Anche Siderno ha voluto ricordare le vittime di tutte le mafie accogliendo l’iniziativa che l’associazione “Libera” promuove in tutta Italia il 21 marzo, da 18 anni a questa parte. Un giorno, quello di inizio della primavera, scelto non occasionalmente dall’associazione che fa capo a Don Luigi Ciotti, ma quale simbolo di speranza che si rinnova per tutte quelle famiglie che, colpite al cuore per l’omicidio di un congiunto, cercano giornalmente di trasformare il dolore in uno strumento di impegno e di azione di pace.
La manifestazione ha preso il via intorno alle 9.30 in via torrente Arena dove sorge il monumento intitolato a Gianluca Congiusta, il giovane imprenditore sidernese ucciso nel maggio del 2005. Dopo un simbolico girotondo intorno alla statua, e un momento di significativo raccoglimento al suono del “Silenzio”, vi è stata la deposizione di fiori con una targa indicante il nome delle vittime innocenti da parte dei ragazzi delle scuole. Da li poi il corteo silenzioso, composto anche da tanti giovani, con a capo i familiari delle vittime di mafia e il presidente dell’associazione Don Milani, Francesco Rigitano, si è snodato lungo il Corso Garibaldi per giungere fino al palazzo municipale. Qui, a fare gli onori di casa, in una sala gremita di studenti con tanto di manifesti e striscioni, il Commissario Prefettizio Luca Rotondi e una nutrita rappresentanza delle forze dell’ordine. Presente al gran completo il mini consiglio della scuola media Pedullà, guidato dall’insegnante Rita Commisso.
E’ stato il responsabile di Libera per la Locride, Francesco Rigitano, a spiegare il senso dell’iniziativa, lanciando contestualmente l’invito al Commissario Rotondi di intitolare almeno una strada della città a una vittima di mafia. A prendere la parola in rappresentanza di tutte le famiglie presenti Deborah Cartisano, figlia di Adolfo “Lollo” Cartisano, il noto fotografo di Bovalino sequestrato e ucciso nel 1993. “Non dovete sentire queste storie come qualcosa che non vi appartiene-ha detto la Cartisano rivolta agli studenti. Si uccide una seconda volta con l’indifferenza. Ogni volta che sentite un’ingiustizia, denunciatela. Noi siamo la maggioranza della popolazione, siamo l’Italia che cammina a testa alta. Gli altri, quelli che uccidono, sono la minoranza”.
“Noi non odiamo chi ha ucciso i nostri familiari-ha aggiunti Mario Congiusta, padre di Gianluca- abbiamo solo pena per loro”.
Anche Liliana Carbone, madre di Massimiliano, ucciso a Locri nel 2004, ha voluto esortare i giovani a intraprendere la via della legalità ripetendo le parole che Don Luigi Ciotti disse un giorno di fronte alla tomba di suo figlio “per sempre semi di speranza e conforto. Voi siete la nostra speranza-ha aggiunto la Signora Carbone. Mai più occhi bassi e bocche chiuse, che stanno mutilando la Calabria”.
Per gli studenti ha preso la parola il sindaco dei ragazzi Fabio Sgambelluri che ha introdotto i suoi compagni che hanno raccontato cinque storie di vttime innocenti di mafia, ad ognuna delle quali è stato dedicato un cartellone con foto.
Si è iniziato con lo chef sidernese Domenico Carabetta, ucciso ad Ardore al lido Pentagono, per errore, nel 1988. Dopo 25 anni gli assassini sono stati condannati all’ergastolo. E’ poi stata la volta del fotografo di Bovalino, Adolfo “Lollò” Cartisano, sequestrato e ucciso nel 93, i cui resti vennero ritrovato solo dieci anni dopo, nei pressi di Pietra Cappa; e ancora ecco la storia del piccolo Domenico “Dodò” Gabriele, il bambino che amava il calcio morto per errore durante un regolamento di conti nel settembre del 2009 mentre stava giocando con gli amici; a lui è stata dedicata la “Bottega della legalità” di Libera a Reggio Calabria. E’ stato poi ricordato l’imprenditore locrese Vincenzo “Cecè” Grasso, ucciso perché si rifiutò di pagare il pizzo e voleva denunciarlo. Nessun colpevole ancora c’è per quel’omicidio. La figlia Stefania profonde ogni giorno il suo impegno in Libera in suo ricordo.
E infine la storia di Gianluca Congiusta, l’imprenditore assassinato a Siderno il 24 maggio del 2005 perché cercò di sventare un’estorsione ai danni di un congiunto. Per quell’omicidio una persona è stata già condannata in primo grado all’ergastolo e in questi giorni è attesa la sentenza definitiva d’ appello. “Sono sereno aspettando che anche questo secondo grado di giudizio finisca-ha detto Mario, padre di Gianluca, sempre in prima linea nelle manifestazioni antimafia e tra in più convinti sostenitori di Libera. Ho speso tutte le mie energie perché mio figlio trovi giustizia,però ora sono stanco e non vedo l’ora che si chiuda questo ulteriore e interminabile capitolo. Io non posso fare nient’ altro, ora la parola passa a i giudici”.
E proprio ai magistrati, antimafia, raggiunti in questi giorni da pesanti atti intimidatori (Giuseppe Lombardo prima, Antonio De Bernardo e Francesco Mollace dopo), i manifestanti hanno espresso vicinanza e solidarietà dedicandogli un intero striscione.
La cerimonia si è conclusa con l’intonazione del silenzio. Non prima però di avere ricordato una ad una tutte le ultime novecento vittime della mafia: semplici cittadini, bambini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali.Un elenco lunghissimo che deve far riflettere.