di Giuseppe Caruso (Volo)
I RECENTI FATTI DI Roma, dove con istrionica tracotanza abbiamo celato le nudità della nostra arte riportano all’attenzione il tema della caduta libera dei nostri valori, calpestati dal buonismo imperante, di cui è maestra una certa parte politica.
Ognuno di noi viene rispettato e apprezzato dagli altri se ha il coraggio di dire quello che è , se non riveste una maschera ma afferma la sua identità, Con semplicità, senza commedie.
E’ quello che succede anche nei rapporti fra le Nazioni, fra i popoli. L’altro, se saprà darti una identità certa, ti apprezzerà e cercherà il dialogo con te. Se invece questa identità non c’è perché annacquata dal buonismo e dalla condiscendenza verso i suoi costumi, tenterà di corromperti e imbrogliarti perché è la via più semplice per sottometterti.
Sono stanco di questo buonismo imperante che ritrovo anche nella mia città. Apprezzo chi, come un mio amico, vecchio comunista ortodosso, afferma con forza la sua identità, anche se distante anni luce da me. Mi piacciono i colori vivi, non quelli tenui del compromesso continuo.
Perché del compromesso è figlia questa Amministrazione. Di una sinistra che non è sinistra di un’altra sinistra che tenta di scimmiottare i vecchi comunisti, di un’altra ancora che cavalca l’onda populista dell’accoglienza, salvo poi lucrarci sopra. E tutti insieme proclamano la loro superiorità, salvo poi impantanarsi nel tentare di risolvere i concreti problemi del Paese, affidandoli all’uomo della provvidenza che a me sembra sempre più solo.
Stimo l’opera di alcuni miei cari amici che fanno parte dell’Amministrazione, ma essa purtroppo è come sabbia nel deserto, non risplende, “non luci” si dice in dialetto.
E allora chiedo, abbia il PD locale uno scatto di orgoglio o devo proprio pensare che sia diventato democristiano?