di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Humanitas)
Sir Michael Marmot, dell’University College di Londra e direttore dell’International Institute for Society and Health, che è oggi ritenuto a ragione il fondatore dell’epidemiologia sociale, ha coniato la locuzione “status syndrome” (sindrome da stato sociale) per identificare il complesso di cause e meccanismi quotidiani individuali e di contesto sociale che minaccia la salute.
A tal proposito ha scritto che dal distretto Washington D.C. alla ricca contea di Montgomery, fra i quartieri poveri e quelli ricchi, c’è una differenza di vent’anni quale aspettativa di vita, a Londra di sei anni e a Torino di circa tre anni. Anche l’O.M.S. ha posto l’attenzione sui fattori sociali determinanti della salute che creano disuguaglianza all’ interno dei Paesi ricchi e li ha individuati nel consumo di tabacco, alcool, alimenti poco nutrienti, meno controlli periodici di pressione e colesterolo (in genere tra persone meno istruite e in condizioni economiche precarie) e anche esposizione all’inquinamento da traffico pesante, soprattutto nelle periferie.
Anche in Italia varie società scientifiche hanno formulato il Manifesto per l’equità della salute per prevenire o diminuire le disuguaglianze nella salute e nell’assistenza sanitaria informando per esempio sui rischi del fumo con l’aiuto del governo. Queste situazioni precarie, sia di disagio economico sia relazionale, causano situazioni di stress cronico.
Il termine inglese stress (dal latino strictus ovvero costretto, compresso) indica un fattore estrinseco o intrinseco che sollecita ad un cambiamento un organismo, alterandolo dal suo iniziale equilibrio e inducendone un malfunzionamento fino a poter arrivare ad un’alterazione patologica. Occorre però distinguere tra l’eustress e il distress. Il primo è la capacità naturale reattiva a situazioni esterne di pericolo, quindi uno stress benefico che ha aiutato l’uomo, fin dai primordi della sua esistenza, a sopravvivere in situazioni estreme e pericolose per la sua incolumità fisica (difesa dalle aggressioni ambientali o di animali più forti di lui). L’eustress libera adrenalina facendoci memorizzare nell’amigdala lo stress e il conseguente istinto di sopravvivenza. Il distress, invece, è uno stress patologico che incide negativamente sul sistema neuroendocrino facendo produrre ormoni che stimolano e alterano per lunghi periodi il sistema nervoso, ghiandolare, cardiovascolare e immunitario.
Questo sistema psico-patologico può generare depressione, con ridotta capacità lavorativa, e negativa partecipazione a una sana vita relazionale oppure addirittura alterare le funzioni biologiche di ogni cellula fino a dare inizio alla cancerogenesi. E’ ormai acclarato il legame fra sistema nervoso e difese immunitarie grazie ad uno studio italiano pubblicato su International Journal of Surgical Pathology ad opera del patologo Pietro Muretto dell’ospedale San Salvatore di Pesaro.
Il dottor Muretto ha scoperto un gruppo di cellule di Langerhans o cellule dendritiche che non nascono nel midollo osseo, ma nella struttura dell’embrione dalla quale si forma una parte del sistema nervoso periferico. Esse svolgono un ruolo importante nell’immunità in cooperazione con la prima linea di difesa immunitaria, le cellule T, che agiscono contro agenti estranei come virus e batteri, contro tessuti ed organi ricevuti in trapianto o ancora contro cellule tumorali. In breve le cellule di Langerhans riconoscono un agente estraneo all’organismo (antigene) e lo ripresentano ai linfociti T, effettori ultimi della difesa immunitaria.
La reazione allo stress o eustress, quale risposta naturale di difesa per potenziare le capacità dell’individuo, inizia nel cervello e coinvolge tutti i sistemi e organi che governa. Per sopravvivere l’organismo attiva, infatti, le stesse risposte fisiologiche del mondo animale senza però essere in grado di disattivarle con la stessa rapidità e allo stesso modo, per cui le tensioni muscolari, generate e non scaricate, rimangono nell’organismo procurando danni alla salute. Un buon equilibrio neuro-muscolare è quindi fondamentale pena l’insorgenza o l’aggravamento anche di patologie ortopediche quali deformazioni ossee, usure della cartilagine, tendiniti, lombalgie o cervico-brachialgie (scoliosi, cifosi e lordosi). Nello stress cronico o distress, invece, il cervello memorizza inadeguate reazioni che successivamente condizionano sempre: il mal di schiena rimane anche non di fronte ad agenti stressanti perché nel tempo si perde il rapporto causa-effetto e qualsiasi attività antistress diviene inefficace. Lo stress quotidiano è in crescita per le forti implicazioni psicosociali (paura del futuro e dell’integrazione, precarietà lavorativa) e si verifica quando lo stimolo è persistente nel tempo determinando il permanere di una risposta dei nostri sistemi biologici (mal di testa, fastidi allo stomaco, aumento della pressione sanguigna, dolore al petto e disturbi del sonno).
Il motto di Giovenale “mens sana in corpore sano”, secondo cui mente e corpo erano due realtà separate ma con punti di contatto, oggi assume nel linguaggio comune un altro significato proprio per la stretta relazione dimostrata fra mente e corpo ed è evidente nei disturbi psicosomatici, vegetativi disfunzionali, psicofisiologici e in altre patologie stress correlate.