di Antonio Baldari
STILO – “Ora va meglio, anche se non ricorda nulla dell’accaduto, ma tutto procede bene”. È laconico il sindaco di Stilo, Giancarlo Miriello, all’indomani della travagliata esperienza vissuta nella notte tra martedì e mercoledì scorsi all’ospedale civile di Locri dove trovavasi in stato di degenza un suo concittadino, tale G. V., giunto al nosocomio locrese dopo essere stato trasportato dal 118, non essendo accompagnato da alcun familiare per tutta una serie di coincidenze, a seguito di un malore che gli ha procurato un forte stato confusionale che lo ha addirittura portato a non riconoscere nessuno: interpellati del fatto i carabinieri del Comando stazione di Stilo perché venissero fornite le generalità del paziente ecco che subentrava nella vicenda il sindaco della “Città del Sole”, Giancarlo Miriello, il quale a sua volta con alcuni suoi familiari si precipitava presso l’ospedale della città di Zaleuco e capire il da farsi.
“Adesso è a casa ma sono stati dei momenti molto brutti quelli che abbiamo vissuto, per fortuna è andata bene ma non è accettabile che si possa vivere quelle situazioni in una struttura ospedaliera pubblica” – conclude il primo cittadino stilese, facendo chiaro riferimento alla vicenda che ha visto G. V. giacere al Pronto soccorso sulla lettiga, con altri pazienti ed in attesa di potere essere ricoverato, versando in uno stato di grande confusione; trascorrevano i minuti ma il sospirato risultato della Tac, che si diceva gli era stata praticata, non arrivava e qui il primo cittadino stilese iniziava ad inalberarsi chiedendo contezza a un medico di turno, che era lì alla postazione di pronto soccorso.
Si provava ad uscire dall’impasse chiedendo, stando a quando riferitoci dal primo cittadino, allo stesso Pronto soccorso una consulenza neurologica ma, con sommo stupore di Miriello e dei suoi familiari, il dottore interpellato avrebbe replicato che era necessario riportare su il paziente, tanto da irritare i soccorritori di G. V. a cui si era nel frattempo cercato di fare le analisi del sangue ma con grossa difficoltà perché egli gridava, parlava in modo sconnesso ed incomprensibile, tentando anche di strapparsi i vestiti, insomma non si sapeva proprio come agire, in ogni caso rimboccanti le maniche e portando su il paziente per una consulenza al cui termine veniva definito “collaborativo”.
Quel che comunque è rimasto di amaro è stato il dovere aspettare che il destino fatalmente dettasse la strada da percorrere perché, ancora nella tarda mattinata di ieri, G. V. giaceva ancora al Pronto soccorso e con il sindaco a telefonare più volte perché al suo concittadino venissero prestate le cure del caso intercedendo, per così dire, per lui presso il personale medico e paramedico.