Giorni pregni di delusione, rabbia ed a tratti anche di vera e propria tensione, particolarmente perché c’è stato chi non si è arreso a questa decisione, che di fatto va ad intaccare la sacrosanta tradizione popolare che fa vivere soprattutto i paesi piccoli come Stilo. “Non è con i divieti che si risolvono le cose, noi abbiamo contribuito per il bene di Stilo e non diamo la nostra offerta a chi ci nega la festa” – serpeggia latente tale convinzione nella comunità dei fedeli, che lascia presagire molto scarna la sottoscrizione annuale del libretto d’iscrizione alla Confraternita.
di Antonio Baldari
“Divieto: proibizione di compiere determinate azioni o svolgere certe attività, imposta da un’autorità o stabilita per legge come il divieto di transito, divieto di caccia, divieto di pesca, divieto di importazione, divieto d’esportazione o anche il divieto di soggiorno”; questo è quanto reca un comunissimo vocabolario della lingua italiana a cui nella Locride hanno imparato ad aggiungere il “divieto di ogni attività di culto e di pastorale in parrocchia” secondo quanto reca il decreto episcopale del decorso 1. marzo 2023, n. 580, prot. n. 143/2023 con cui il vescovo pro-tempore, Francesco Oliva, “ha stabilito le modalità di celebrazione della solennità dell’Immacolata Concezione patrona della città di Locri e dell’intera diocesi” – così è scritto nella notificazione dello scorso 6 novembre a firma del sacerdote don Nicola Commisso, canonico maestro delle celebrazioni nonché direttore dell’ufficio liturgico.
Che è andato inevitabilmente ad intaccare la secolare novena-festa all’Immacolata di Stilo, nella vallata bizantina dello Stilaro, pieno entroterra dell’area metropolitana di Reggio Calabria, dieci giorni che ininterrottamente per la bellezza di 419 anni, e fors’anche qualcosa in più, si sono celebrati eccezion fatta per i due anni del Covid; oggi questo provvedimento trancia di netto la tradizione popolare obbligando a tenere chiuse le chiese ed in special modo l’arciconfraternita dell’Immacolata e San Pietro della “Città del Sole” di campanelliana memoria, in obbedienza all’Ordinario diocesano, essendo lì, a Locri, unitamente ad altri quattro sodalizi diocesani (segnatamente Ardore, Bovalino con il Pio sodalizio più antico datato 1594, Careri e Caulonia, ndr) rompendo, di fatto, il cammino che i fedeli attendono, ogni anno, con trepidante attesa ed autentico spirito devozionale e di fede.
Che in tal caso è andato scemando perché non ci si spiega il reale motivo che sta alla base di tutto ciò, “Perché non si deve celebrare messa e fare la nostra festa? E se c’è chi non ci può andare a Locri, che si fa? Restiamo senza? Altro che fate questo in memoria di me!…” è l’interrogativo che più d’ogni altro ha preso piedi in giorni pregni di delusione, rabbia ed a tratti anche di vera e propria tensione particolarmente perché c’è stato chi non si è arreso a questa decisione spezzagambe, che di fatto va pericolosamente ad intaccare la sacrosanta tradizione popolare che fa vivere soprattutto i paesi piccoli come Stilo, ed ha così invitato il popolo Stilese alla libera collaborazione per dare un segno di festa, sia pur minimo, per la vigilia dell’Immacolata.
Come del resto è nella più mirabile della tradizione mariana immacolatina di Stilo, alla mattina chiudendo la novena e, sin dal primo pomeriggio, con i preparativi alla solennità di giorno 8 con il “Gran Concerto Bandistico Città di Stilo” a sfilare per le vie del paese; con la legna da far ardere per il grande falò delle sei del mattino di giorno 8, in piazza San Giovanni, contribuendo tutti coloro che possono farlo e sono davvero tanti; la celebrazione della santa messa con il predicatore all’uopo invitato per tutta la novena ed i fedeli accompagnati nell’appassionato canto, anche in lingua dialettale, dalla corale parrocchiale; i fuochi artificiali che illuminano “a giorno” il vellutato cielo stilese, altro segno di gioiosa presenza ed esultanza, prima di andare a consumare una frugale cena per poi andare a dormire. Perché alle tre del mattino si dev’essere già pronti per andare ad occupare una mattonella, se ti va bene!, all’interno del santuario diocesano di san Giovanni Therystis: anche per questo è del tutto improponibile, a Stilo, l’andare a dare la possibilità di ritrovarsi in chiesa dopo le 21.30, sempre secondo il suddetto decreto episcopale, perché nella città di Tommaso Campanella, a quell’ora, si dorme per qualche ora prima di andare “a da ‘Mmaculata”; ma tant’è, il gruppo di “stilesi” ha a quanto pare avuto la meglio sugli “stilusi”, razza notoriamente criticante a sbafo senza effetto, regalando una splendida risposta nel voler preparare una bella festa civile perché si vuole festeggiare l’Immacolata, essendo un conclamato diritto, “Perché non è con i divieti che si risolvono le cose, noi abbiamo contribuito per il bene di Stilo e non diamo la nostra offerta a chi ci nega la festa” – serpeggia latente tale convinzione nella comunità dei fedeli di Stilo, che lascia presagire molto scarna la sottoscrizione annuale del libretto d’iscrizione alla Confraternita anche perché una congrua percentuale di essi va riconosciuta alla diocesi di Locri-Gerace nella misura dell’8 per cento, ragion per cui, facendo quattro conti ed in ossequio alla celeberrima frase “Pagare moneta e vedere cammello”, si intende benissimo il perché è già in atto questa sorta di “compensazione”, chiamiamola così.
Che in ogni caso non vedrà Stilo a Locri tranne chi di dovere – a proposito, ma se ci andassero quantomeno tutte e cinque le Comunità di Ardore, Bovalino, Careri, Caulonia e Stilo dove sarebbero allocate? E i fedeli di Locri che faranno? Potranno entrare in cattedrale? E se piove, che si fa? – vedendo tutti gli Stilesi di buona volontà pronti e solleciti nel festeggiare la propria co-patrona, com’è nel loro Dna, com’è nella loro più sana tradizione. Ed amen!
P. S. Domani mattina, con la santa messa delle ore 4, saranno ricordati i confratelli e le consorelle defunti/e di cui Alfredo Campanella, Edda Depace, Oreste Patella, Vincenzo Santoro e Giorgia “zi’ Gina” Tassone hanno fatto sapere di essersi già rigirati nella tomba: quanti sacrifici fatti per poi…