di Antonio Baldari
STILO – “Qual è la soluzione alla città ideale? Dove c’è la bellezza”. È in questa domanda-risposta partecipata dal presidente della filodrammatica di Stilo, Annamaria Fiorenza, la chiave di lettura e sintesi della seconda edizione del caffè filosofico della “Città del Sole” di campanelliana memoria, che proprio su Campanella ha concentrato la propria attenzione provando, con successo, a catalizzare l’attenzione del pubblico presente.
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Una serata gradevole in piazza San Francesco, moderata in maniera incalzante dal giornalista Francesco Sorgiovanni e celebrata proprio a ridosso del monumento che la cittadina stilese inaugurò volendo imprimere per sempre nella propria immagine il suo concittadino più illustre, potendo contare sull’apporto di tutti gli annunciati convenuti a cominciare da Federica Roccisano, assessore regionale calabrese alla scuola, lavoro, welfare e politiche giovanili, e poi ancora continuando con Domenico Romeo, rappresentante della Deputazione di Storia Patria per la Calabria; Angelo Comito, antropologo e Giorgio Pascolo, docente di filosofia: i lavori del consesso culturale hanno ospitato, unitamente ai saluti della sopraccitata Fiorenza, anche il contributo del sindaco di Stilo, Giancarlo Miriello, che ha sottolineato in maniera nitida “il forte legame che Stilo ha con la filosofia, oggi va considerato anche e soprattutto il bene comune oltre alla bellezza” – così il primo cittadino.
Che ha fatto da apripista al doppio giro di interventi assicurati alla kermesse dai soprarichiamati relatori, che hanno sciorinato la tematica posta a base, ossia “La città ideale – l’ordine della bellezza”, sotto il profilo politico con la Roccisano secondo cui “Il principio dell’educazione è fondamentale per lo sviluppo e la crescita, preoccupandoci di dare ai nostri ragazzi degli ambienti che siano belli perché nel bello si impara meglio e forse anche di più – così l’esponente dell’esecutivo Oliverio – non di meno si deve considerare un altro principio, che considero molto importante e che è quello della giustizia sociale, per una più equa redistribuzione delle risorse ed un forte intervento sui livelli sociali che vanno livellandosi verso il basso”; a ruota, don Comito ha posto l’accento sul fatto che “La teologia morale si trova nella bellezza, nelle Sacre scritture tutto parte dal Caos dopodiché tutto si concretizza con il Pastore buono e bello, perché la bellezza è anche bontà, certo, oggi i nostri paesi vivono anche le macerie – ha asserito il sacerdote-antropologo – che hanno il loro fascino, ma è preoccupante il loro svuotamento, non c’è più socialità ed è per questo che bisogno riportare l’uomo al centro compiendo il viaggio inverso, rispetto a quanto compiuto anni fa, andando dalla marina verso l’entroterra”.
Di carattere storicistico l’apporto di Romeo compiendo un ampio quanto coinvolgente excursus su Campanella “Che proveniva da una famiglia povera ma che con pochi mezzi aveva conquistato praticamente tutto, sarebbe interessante fare luce sul ritorno a Stilo di Campanella tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600, epoca in cui il frate domenicano intende difendere i propri concittadini infondendo in loro il proprio spirito rivoluzionario – ha affermato lo storico di Siderno – lui paladino della città ideale che si potrebbe ancora vivere”; travolgente il docente di filosofia, Pascolo, che ha nitidamente chiosato come “L’utopia nasce proprio dalla realtà che non si accetta, così come la realtà che viveva e non accettava Campanella perché egli viveva male come noi del resto in questo presente, relativamente alla bellezza possiamo dire che fra’ Tommaso è stato profeta nel momento in cui ammoniva per quanto concerne il controllo delle nascite, fondatore dell’eugenetica, c’è comunque da ammettere che manca la tensione verso il futuro perché è scomparsa la visione dell’uomo” – ha epilogato il professore di Stilo.
Tutto ciò inframmezzando il brillante cantastorie di Calabria, Nino Racco, che ha offerto in special modo un paio di spunti con il dialogo fra il vescovo e Tommaso Campanella (interpretato da Giorgio Bruzzese), poi allontanato a motivo della sua eresia, si era detto all’epoca, e infine con il Campanella uomo, maschio, che durante la sua detenzione in carcere pensava anche alle femmine, ed al piacere di giacere con esse, nella fattispecie una suora (proposta da Franca Garzaniti), perdutamente innamorato di lui.