R. & P.
Dopo il doveroso e introduttivo minuto di silenzio, saluto e ringrazio tutti i presenti, nonché le forze dell’ordine, giornalmente impegnate, in prima linea, nel contrastare ogni forma di prevaricazione e violenza, al fine di garantire protezione e tutela a tutti i cittadini nell’esplicazione della loro quotidianità. Mi soffermo, indi, nel dare un significato al momento di silenzio appena vissuto. È stato il tributo sentito e partecipato al ricordo di un evento tragico- che segnò indelebilmente la società italiana-, accaduto il 23 maggio- come oggi- di trent’anni fa. Alludo alla strage di Capaci, ove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. A questa strage fece seguito- 57giorni dopo- quella in cui furono assassinati il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina.
Oggi, in questa Adunanza, non trascurando la memoria dell’accadimento doloroso echeggiata dalla giornata significativa che stiamo vivendo, vogliamo unire le nostre voci per commemorare le vittime di cui sopra, omaggiandole per il loro grande senso del dovere e per la loro altissima moralità, profusi servendo onorevolmente lo Stato. Ricordarle è doveroso! Oggi, una moltitudine di giovani- da Nord a Sud- sta facendo sentire la sua voce, manifestando il suo opporsi ad ogni logica mafiosa e a ogni forma di violenza, realizzando, così, proprio quello che amava ripetere il giudice Giovanni Falcone: ”Le nostre idee cammineranno sulle gambe degli altri”. Ebbene, quei ragazzi sono le gambe della diffusione della legalità. Oggi, in questa seduta di Consiglio, anche Noi gridiamo- come loro- il nostro “No!” a agni tipo e forma di mafia. In questo giorno, che custodisce la ricorrenza del giorno della legalità- perché vi si ricordano tutte le vittime delle mafie-, ricordiamo, altresì, il brigadiere Carmine TRIPODI, esempio di elette virtù militari e di dedizione al servizio spinto fino al sacrificio della vita- consumatosi proprio nel nostro territorio- e che gli valse il conferimento postumo della “Medaglia d’Oro al Valor Militare”. Ed ora un’esplicitazione, orlata di riflessioni, relativa alla strage di Capaci.
Il fragore esplosivo della bomba che fece deflagrare quella strage ancora- a distanza di anni- mi rimbomba nelle orecchie. Lo sentii anch’io in quel lontano 23 maggio! Avevo solo dieci anni; in me si aprirono dispiacere, tristezza e malinconia: erano state seminate dalle immagini cruente liberate dall’edizione straordinaria del tg. Ricordo d’essermi chiesto cosa fosse accaduto. Non riuscivo a darmi una spiegazione di tanta crudeltà! Il 23 maggio del 1992 il giudice Falcone stava tornando a casa da Roma- come faceva solitamente nel fine settimana- insieme alla moglie Francesca Morvillo. Partito da Ciampino con il jet di servizio, intorno alle 16.45, atterrò all’aeroporto di Palermo- Punta Raisi, dopo un volo di 53 minuti. Qui trovò ad attenderlo 3 fiat Croma blindate e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. La macchina di Falcone era preceduta da una Croma marrone- con a bordo gli agenti Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo- e seguita da una Croma azzurra- con a bordo gli agenti Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo-.
Le auto presero l’autostrada, dirette verso Palermo. Alle 17:58, al chilometro 5 della A29, nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, il sicario Giovanni Brusca azionò una carica di cinque quintali di tritolo, che era stata posizionata in una galleria scavata sotto la strada. Lo scoppio travolse in pieno solo la Croma marrone. I tre agenti che la occupavano morirono sul colpo.
La macchina di Falcone si schiantò contro il muro di cemento e detriti causati dallo scoppio. Il giudice Falcone morì durante il trasporto in ospedale. La moglie Francesca Morvillo morì, invece, in ospedale, verso sera. L’agente Costanza, che si trovava nella macchina con il giudice- ma non alla guida di essa- rimase illeso. Gli agenti della terza automobile rimasero feriti, ma non in pericolo di vita.
Oggi, a trent’anni dalla strage di Capaci, siamo tutti consapevoli di ciò che accadde quel giorno. La legalità, il senso dello Stato…vennero trafitti con le spine della violenza, della morte e del terrore. Di qui, bisogna andare avanti credendo in tutti questi servitori dello Stato, che hanno fatto la storia, continuando a coltivare i loro semi di giustizia, dignità, onore e legalità. Le mafie sono sempre più forti, ma il civismo e l’impegno quotidiano- percorrente il solco della legalità- di tutti noi, il rispetto delle regole, il vivere civile possono- non demordendo-, depotenziarle. Oggi, in questa Adunanza, si grida “NO!” a tutte le mafie.
Dobbiamo stare vicino a chi lotta, quotidianamente, per contrastarle, in primis al dott. Nicola Gratteri, che non ha scelto per caso di condurre una vita alquanto sacrificata- è sotto scorta-, ma l’ha fatto con e per spirito di servizio; l’ha fatto per la collettività e per lo Stato. A Lui esprimiamo vicinanza e solidarietà. Grazie Dottore! Il lavoro dei magistrati è un lavoro nobile, perché onora la Carta Costituzionale, applicandola nei suoi principi. La parte sana del Paese deve credere in questi uomini e donne, che rappresentano la giustizia, quella giustizia che semina civiltà e equità, tutelando, pertanto, le persone più fragili.
Riconoscere il valore dei magistrati è stare dalla parte giusta, significa essere persone civili e sensibili alla vita; significa vivere, fare, costruire e diffondere cultura, la cultura dell’onestà e della legalità.
Nicola Gratteri e Antonio Nicaso nel libro del 2021 “Non Chiamateli Eroi” scrivono:
“Le parole sono pietre. Usiamole per costruire ponti, per unire le coscienze di chi non sopporta più la tirannide delle mafie, l’ipocrisia di chi dovrebbe combattere e le menzogne di chi continua a girarsi dall’altra parte”. È importante, quindi, non temere di mettersi in gioco, di impegnarsi in seno alla propria comunità, operando correttamente e rettamente per la sua crescita. Come? Disertando le oscure scorciatoie ammiccanti e inerpicandosi lungo il sentiero della correttezza e della legalità. Non si dimentichi, infatti, che ogni tramonto, raccontando le scansioni di vita di una giornata, cade nel silenzio della notte: l’attesa alba, il sole…la luce ci si mostreranno solo se la nostra coscienza non sarà stata annientata da scelte disoneste, ma sarà stata irrobustita da scelte coraggiose, protese verso l’onestà e verso il rifiuto della corruzione. Paolo Borsellino ripeteva: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Per dare significato a tutte queste parole bisogna sfondare il muro dell’omertà, vivere nel rispetto delle regole e introdurre e /o persuadere i più giovani a una vita normale, non macchiata dall’ombra delle mafie. Nei suoi pensieri Giovanni Falcone ripeteva: “L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, ma incoscienza.” – “credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni, non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili”. Ecco, bisogna agire vivendo e operando nella legalità. Onore a questi Uomini pieni di virtù. Grazie!
Grazie per l’attenzione! Rinnovo i miei saluti e ringraziamenti.
San Luca lì, 23 Maggio 2022
Il Presidente del Consiglio Comunale
Avv. Domenico Giorgi