DAL PRESIDENTE DELL’ASSIPA FRANCESCO GALASSO RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE LETTERA:
Oggetto: Esiti incontro con Sub Commissari ed Associazioni di Categoria su Rete Strutture Private Accreditate – Salvaguardia occupazione – Appello urgente.
A seguito dell’incontro tenutosi ieri presso i locali dell’Assessorato alla Tutela della Salute e delle Politiche Sanitarie con i Sub Commissari di Governo Gen. Dott. Luciano Pezzi, Dr. Andrea Urbani, il dirigente Dr. Bruno Zito, altri funzionari e le Associazioni di Categoria delle strutture sanitarie accreditate in Calabria, avente ad oggetto la definizione della rete dei Laboratori, con la presente, l’ASSIPA – che nei vari incontri susseguitisi dal 2011 ad oggi, tenta di affrontare la problematica in campo, producendo, protocollando e discutendo proposte e argomentazioni alle quali gli stessi vertici regionali non hanno mai dato formale e esaustiva risposta – supportata pure dal recente accordo federativo con Federbiologi, Sindacato di categoria di valenza nazionale e di elevato valore rappresentativo, si vede oggi costretta ad intervenire per richiamare la necessaria ed improcrastinabile attenzione sul caso.
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E pertanto, evidenzia che, pur davanti alla formalità degli incontri e alla serietà della
problematica affrontata, nella quale si discute di diritti e opportunità per centinaia di
strutture accreditate, l’organo di governo non ha mai inteso dare adeguata e formale
risposta ai vari documenti prodotti e discussi nelle varie riunioni, né ha ritenuto di dare
formale documentazione e cristallizzazione agli incontri attraverso una metodica e
costante verbalizzazione degli interventi, delle dichiarazioni e delle proposte, avendo
verbalizzato meno del 20 % degli incontri – compreso il verbale della riunione del 13-09-
2012 in cui sono venute fuori le reali intenzioni delle altre Associazioni che con il loro
incomprensibile operato stanno di fatto portando alla chiusura e/o alla svendita numerose
strutture accreditate; ma soprattutto non vi è traccia da nessuna parte delle risposte alle
domande che l’Assipa ha rivolto agli interlocutori istituzionali ed ai referenti delle altre
Associazioni di Categoria presenti alle varie riunioni.
E cioè:
1) quali siano i riferimenti normativi o atti legislativi che obbligano la Regione
Calabria ad imporre alle strutture private accreditate (laboratori analisi) di
perdere il diritto di esercitare l’attività in accreditamento, laddove non abbiano
prodotto prestazioni al di sopra di un certo numero? (80-100-200 mila)
2) quali benefici economici o di maggiore offerta di servizi otterrebbero l’Ente
Pubblico Regione ed i suoi cittadini?
3) Chi invece beneficerebbe di tale norma obbligatoria?
4) quanti perderebbero inutilmente il posto di lavoro senza alcun beneficio per la
collettività?
Le stesse semplici domande che oggi ci vediamo costretti a formalizzare per
l’ennesima volta e a portare doverosamente alla pubblica attenzione con la speranza di
ricevere da chi è investito della superiore responsabilità politica ed amministrativa, oltre
che morale, risposte adeguate rispetto alle quali un’ulteriore noncuranza decreterà la fine
inutile ed ingiustificabile di centinaia di posti di lavoro.
Benchè l’attività delle strutture accreditate private non sembra rientrare nello
stereotipo di quelle da difendere ai fini della salvaguardia dell’occupazione e pur non
avendo mai richiesto o ricevuto sovvenzioni pubbliche, è bene ricordare che il settore della
Sanità privata, pur dando occupazione a migliaia di persone, non riscuote la stessa
attenzione mediatica ed istituzionale di altre attività produttive ed imprenditoriali, anche se
in molte realtà del paese ha rappresentato e rappresenta un servizio di qualità e una
valida e pronta risposta alla esigenze sanitarie dei cittadini.
Adesso c’è il rischio che una normativa regionale, così come è successo in
Sicilia e sta succedendo in Campania, determini, senza alcun beneficio per le
comunità interessate e per le finanze pubbliche, una irreversibile perdita di posti di
lavoro, qualificati da un’esperienza trentennale.
Infatti, sembra essere alle battute finali alla Regione Calabria l’approvazione di un
decreto commissariale che prevede l’obbligo di aggregazione in rete per le strutture
accreditate che non abbiano effettuato un certo numero di prestazioni annue e che quindi
perderebbero la loro individualità e conseguentemente il diritto di sottoscrivere il relativo
Contratto con la Regione.
In pratica, anziché continuare a fornire le prestazioni come fatto finora – pur nella
totale disparità di trattamento per budget iniqui – tali strutture, nella migliore delle ipotesi
finirebbero per diventare dei meri punti prelievo, perdendo di fatto ogni autonomia e
capacità giuridica nei rapporti con la Regione, in evidente spregio non solo di diritti
acquisiti – le strutture accreditate nel corso degli anni hanno dovuto investire nel
mantenimento dei requisiti previsti per l’accreditamento – ma penalizzando ed azzerando
addirittura il valore economico e produttivo delle strutture stesse, che si troverebbero
costrette inevitabilmente a licenziare il personale e a dismettere ogni tipo di
investimento fin qui operato nonchè condizionati a svendere l’attività. Con evidente
alterazione e turbativa del mercato e con una ingiusta e quanto mai illegittima
ingerenza del settore pubblico nelle questioni di interesse privato, della libera
impresa e della proprietà privata.
E ciò senza alcun vantaggio né per l’utente, né per la Regione, né, financo,
per la finanza pubblica, infatti il numero di prestazioni erogabili non dipende dal numero
degli erogatori, ma piuttosto con una gravissima ricaduta sul territorio in termini di mancato
e capillare servizio che le strutture accreditate variamente distribuite in Calabria sono state
in grado fino ad oggi di fornire ai cittadini.
Non v’è chi non veda come l’iniziativa regionale non abbia alcuna reale e fondata
prospettiva in termini di miglioramento dell’offerta del servizio sanitario regionale che, sulla
base di quanto si sta pianificando, porterebbe, piuttosto e paradossalmente, alla creazione
di una sorta di oligopolio della specialistica ambulatoriale privata accreditata in mano a
poche mega strutture.
Difatti, mentre le strutture fin qui operanti sul territorio regionale, grandi o mediopiccoli
che siano, hanno consentito la presenza costante di un servizio competente ed
immediato, l’accorpamento determinerebbe invece il venir meno di tale servizio, atteso che
l’attività dei centri medio-piccoli si ridurrebbe al semplice prelievo, mentre la fase analitica
verrebbe delegata alla struttura centrale, che certamente avrebbe la sua sede in un
territorio diverso e quindi inevitabilmente lontano dal centro specifico di interesse e di
richiesta.
Non solo, ma gli esami essenzialmente manuali perderebbero valenza economica
perché difficilmente automatizzabili negli “esamifici”; così come verrebbe del tutto
vanificato e sacrificato il rapporto medico-paziente, diretto e puntuale.
La perdita dei posti di lavoro e la conseguente ricaduta sulle famiglie e
sull’economia regionale sarebbe inevitabile, poiché è evidente che una struttura che
oggi opera autonomamente, non avendo la stessa valenza economica sarebbe
costretta a licenziare.
Peraltro, si stima che l’applicazione tout court delle indicazioni contenute nel
documento prodotto dall’Agenas, in merito alla riorganizzazione della rete laboratoristica
privata, nel mentre comporterebbe la perdita di centinaia di posti di lavoro, non
determinerebbe alcun concreto vantaggio economico in termini di contenimento della
spesa sanitaria e non darebbe alcuna garanzia di miglioramento della qualità delle
prestazioni. Tant’è che è stato chiaramente evidenziato nel rapporto del CEIS del 2010
che non è da addebitare al numero delle strutture erogatrici l’aumento del numero delle
prestazioni e della spesa sanitaria.
Tutto ciò costituirebbe, dunque, un grave atto di ingiustizia nei confronti di tutte
quelle strutture che per anni si sono viste assegnare budget irrisori (a fronte di
assegnazioni ben più consistenti ad altre) e che, proprio in considerazione di tali budget
minimi, oggi rischiano di perdere la loro autonomia per confluire obbligatoriamente nelle
c.d. mega-strutture che ne assorbirebbero le prestazioni, senza garanzia alcuna di
mantenerne anche i livelli occupazionali.
Infine, contrariamente a quanto si possa far credere, la conferenza Stato-Regioni e
la stessa normativa di riferimento alla politica della Riorganizzazione della Rete dei
Laboratori, non pare obblighi le Regioni ad attuare un piano di razionalizzazione che
investa necessariamente la parte privata, ma rimette all’autonomia di ogni singola Regione
l’attuazione di un piano di riordino che sia il più consono alla sua realtà territoriale.
Né influenza in senso favorevole all’accorpamento obbligatorio delle strutture la
circostanza che si faccia riferimento alla necessità di standardizzare le metodiche, atteso
che si tratta di argomentazioni che sconfinano in ambiti prettamente accademici e di
discutibile riscontro scientifico (pretesa standardizzazione di valori di riferimento di
metodiche analitiche per ridurre spesa sanitaria senza linee guida e protocolli condivisi
dalla comunità scientifica).
Ebbene, a fronte di tutto ciò e nell’assoluta convinzione che l’indirizzo intrapreso
dalla Regione costituisca una seria e grave minaccia alla stabilità economica di
centinaia di strutture che danno lavoro, l’Assipa propone, come ha già fatto in svariate
occasioni, l’adozione di una norma che lungi dal comportare l’obbligatorietà
dell’accorpamento, disciplini piuttosto l’ipotesi dell’accorpamento facoltativo tra le
strutture, attraverso il riconoscimento da parte Regionale, per esempio, dello strumento
giuridico delle Associazioni Temporanee d’Impresa (ATI) o altre forme similari, favorendo
la libera aggregazione per quelle strutture che ritengano di voler ottimizzare l’uso delle
risorse strumentali e strutturali in comune, senza la necessaria perdita di posti di lavoro.
Nello specifico, in sintesi, si potrebbe pensare che più strutture tra loro d’accordo
possano ottenere dalla Regione, con il congelamento del singolo codice regionale e
l’attivazione di uno nuovo “associativo”, il riconoscimento di struttura aggregata per un
periodo non inferiore a tre anni, prorogabile tacitamente. Con possibilità di recesso entro
sei mesi dalla scadenza del triennio per una o più strutture che decidano di ritornare nella
configurazione singola precedente riacquisendo dalla Regione la riattivazione del proprio
codice o l’accorpamento ad altre aggregazioni, qualora richiesto. (La proposta dettagliata
dell’Assipa è già stata trasmessa alla struttura commissariale a suo tempo).
Inoltre, l’Assipa chiede all’Autorità Regionale che, prima di ogni altra
determinazione, venga riaperta con la massima urgenza la discussione sui criteri di
ripartizione dei budget alle Strutture private accreditate, nel rispetto del piano di
rientro e della programmazione di spesa per la specialistica esterna. Anche in
considerazione del fatto che i criteri finora adottati sono stati severamente censurati
dall’Autorità garante per la concorrenza e per il mercato, nella segnalazione inviata in
data 28.2.2013 al Presidente della Regione, nella qualità di Commissario ad Acta, nella
quale il “criterio storico” – normalmente utilizzato dalla Regione Calabria – viene definito
come “idoneo a sollevare criticità di natura concorrenziale in quanto, attribuendo a
ciascuna struttura privata accreditata sostanzialmente lo stesso budget dell’esercizio
precedente, cristallizza di fatto le posizioni degli operatori preesistenti sul mercato e non
consente un adeguato sviluppo delle strutture maggiormente efficienti”.
Segnalazione scaturita da una espressa interpellanza che l’Assipa ha ritenuto di dover
rivolgere alla predetta Autorità.
Nell’ottica di tutto quanto fin qui segnalato non può trascurarsi di considerare, infine,
la necessità che gli organi di governo sollecitino il rapido completamento dei lavori della
Commissione Ministeriale appositamente istituita per la definizione delle tariffe, sulla base
degli effettivi costi di produzione; peraltro favorendo la definizione del contenzioso in atto e
dando legittima risposta alle aspettative degli operatori del settore che hanno il sacrosanto
diritto di essere pagati in rapporto ai reali ed attuali costi di produzione.
In definitiva, si rivolge un appello urgente a tutti gli organi in indirizzo affinchè
si assumano, ognuno per la propria parte, la responsabilità politica, amministrativa
e morale di fronte alle problematiche evidenziate.
In particolare si chiede che ogni Autorità qui interpellata esprima la sua posizione e
si attivi di conseguenza per evitare la perdita inutile di numerosi posti di lavori,
bloccando immediatamente ogni procedura in corso presso la struttura sub
commissariale per aprire una discussione produttiva di soluzioni utili alla collettività
In attesa di cortese e sollecito riscontro, si porgono ossequiosi saluti
Dr. Francesco Galasso
Presidente Assipa
Associazione Strutture Sanitarie
Istituti Privati ed Accreditati