LOCRI – «Nella sua vita politica Pepè Lombardo è sempre stato un padre-padrone. Un buon attore che col suo sorriso e i modi garbati è spesso riuscito a portare gli altri dove voleva. Ma stavolta non ce l’ha fatta. Almeno non con me». Questo giudizio politico così severo non giunge da un oppositore storico del sindaco che si è dimesso oggi, ma da un consigliere di quella che era, fino a ieri, la sua maggioranza. Stiamo parlando di Piero Leone, che si apre al cronista in maniera schietta, passionale, tranchant. Senza filtri. Rivendica la sua proverbiale indipendenza e la scelta di non dimettersi, ovvero, di non sottoscrivere il documento politico che ha accompagnato le dimissioni dei nove (tra sindaco, assessori e gruppo consiliare) ufficializzate in data odierna. Ma se l’altro dissidente che non ha firmato le dimissioni, ovvero l’ormai ex assessore Francesco Galasso per il momento preferisce non esprimersi, Leone lo fa a briglia sciolta. Disegna un quadro politico poco lusinghiero del primo cittadino dimissionario, descrivendo un “cerchio magico” all’interno del quale si sarebbe mosso Lombardo, che, come spiega Piero Leone «Non ha mai tenuto nella debita considerazione il gruppo consiliare, e ora che paga le conseguenze politiche che sono da ascrivere solo ed esclusivamente alla sua giunta, cerca di coinvolgere nelle dimissioni anche i consiglieri che non hanno fatto parte dell’esecutivo e che, a mio avviso, non hanno alcuna responsabilità. Io non ci sto. Io non ho firmato perchè non devo chiedere scusa ai cittadini. Loro sì. Ed è inutile che il sindaco si rivolga ai consiglieri che lo hanno lealmente sostenuto solo nel momento in cui vuole fare condividere anche a loro colpe che sono soprattutto sue e della giunta». Già, la giunta. Prima di passare ad esporre gli altri motivi che lo hanno indotto a non firmare il documento che accompagna le dimissioni, Leone ricostruisce la composizione dell’esecutivo che ha retto l’amministrazione fino a ieri. Lui, assessore uscente nell’esecutivo Macrì aveva fatto, nel maggio dello scorso anno, il salto della quaglia, candidandosi nella lista a supporto di Lombardo «Più – spiega oggi a Lente Locale – per candidarmi contro i tre aspiranti sindaci avversari che per un reale supporto a lui, anche se,una volta eletto, mi sono subito messo a disposizione del sindaco specie nei settori in cui avevo maturato una certa esperienza amministrativa e nei quali avevo ricoperto incarichi assessorili, ovvero l’area cimiteriale, il verde pubblico e la manutenzione. Tenevo molto a queste deleghe e non pretendevo un posto in giunta, anche perchè il sindaco mi disse subito che puntava ad un esecutivo fatto di esperti in ogni campo. Il punto è – prosegue l’analisi di Leone – che con un metodo molto discutibile, Lombardo ha prima scelto le persone destinate a fare parte della giunta attingendo ai suoi fedelissimi per poi lasciare a loro la facoltà di scegliersi le deleghe, indicando altresì il presidente del consiglio comunale e il capogruppo che a lui erano più graditi». Leone non lo dice, ma essere escluso da questo novero fu per lui, probabilmente, un boccone amaro, che però fu compensato dall’assegnazione delle deleghe esterne che erano nelle sue corde perchè afferma di aver provveduto «A fare pulire, dopo decenni, il cimitero cittadino, grazie anche alla collaborazione degli operai dell’Afor». Ma durò poco, perchè l’ex consigliere, ora “dissidente” spiega che «Mi organizzavo per bene e per tempo i lavori che bisognava far eseguire al personale comunale la mattina dopo, solo che scoprivo che i dipendenti ai quali avevo dato disposizioni e incarichi, alle nove di mattina non erano dove li avevo mandati, perchè alcuni militanti di LocRinasce, evidentemente non titolati a farlo, li avevano “dirottati” altrove, a fare altri lavori e io a questo gioco non mi sono più prestato». Insomma, Leone si è sentito depotenziato, emarginato e forse anche «preso in giro». Proprio lui che nel primo anno dell’allora amministrazione Macrì fu assessore al Personale e, come ricorda lui stesso oggi «Riuscii per la prima volta a fare installare l’orologio marcatempo e a trasmettere ai dipendenti comunali l’esigenza di rispettare, in egual misura, diritti e doveri, nonostante le numerose resistenze incontrate, anche nel corpo di pulizia municipale». Concetti ribaditi anche durante il Consiglio di mercoledì, e ora Leone dice che «Mi fa specie sentire che il sindaco Lombardo non riuscì a far fare a tutti i dipendenti comunali il loro dovere. Io quando venne il funzionario ministeriale Falzone a spulciare gli atti amministrativi dell’epoca presentai tutte le carte a posto; non posso dire altrettanto di altri». Ma senza andare troppo a ritroso con la memoria, Piero Leone spiega che «Io sono sempre stato contro il commissariamento, ecco perchè non ho mai sostenuto l’esigenza di dimettermi. Addirittura, dopo esserne uscito anni prima, rientrai nell’ultimo periodo della giunta Macrì proprio per scongiurare lo spettro del commissariamento, e ora questi si dimettono pretendendo perfino l’unanimità nella scelta». Da qui a spiegare le altre motivazioni che lo hanno spinto a non firmare il passo è breve. «E’ inutile – ha detto Leone – dare la colpa ai bilanci non veritieri dell’amministrazione Macrì; certi problemi ci sono sempre stati, anche con le precedenti amministrazioni, e poi lo stesso passaggio sul personale mi sembra inconsistente, come ho detto in Consiglio mercoledì». Fin qui il Leone-pensiero, che chiude col suo concetto di amministrazione della cosa pubblica. «In una delle riunioni di queste sere, in cui di tutto si è parlato tranne che, se non in maniera marginale, degli argomenti per i quali siamo stati convocati, ho ricordato a tutti che il palazzo di città è la casa del popolo, quel popolo che noi amministratori abbiamo il dovere di servire. Quel popolo al quale, lo ripeto, io non mi sento di dover chiedere scusa».
GIANLUCA ALBANESE