RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
“Ha dato un senso alla mia vita lo scrivere del suo non senso” scrive la poetessa locrese nell’incipit del suo terzo libro di liriche, “Piume di cobalto”( Aletti ed.) pubblicato nel dicembre 2014 dopo “Cerchi concentrici” (Sul cadere dell’alba) 2012 sempre edito dall’Aletti e “Icaro” (Rupe Mutevole ed.) del 2011.
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E’ nella ricerca dunque che, pur approdando alla chiara rivelazione del “non senso” della vita che, quest’ultima, ne acquista uno dando così una ragione all’esistenza? E quale la motivazione del titolo scelto? Daniela Ferraro fornisce qui una più chiara risposta :“Leggeri come una piuma passano i giorni, impalpabili versi ne seguono il lento fluire sui nostri volti attoniti assumendo le tinte e la pesantezza del cobalto. Scrutare in se stessi analizzando il proprio presente e, assieme, inseguire i pallidi ricordi di un passato che, alla luce delle nuove esperienze, va sempre più assumendo colori e connotazioni diverse. Come salvarci da questo mondo che ci opprime, a chi o a cosa rivolgerci se la nostra voce appare ormai fioca, se sia passato che presente ci appaiono privi di ogni consolazione che non sia il loro fatuo inganno? La ricerca continua..”
Si tratta dunque, a partire da Icaro, non di un casuale affardellamento di poesie dalle più diverse tematiche ( amorose, esistenziali) quanto, piuttosto, di un ordinato fluire di immagini, sensazioni, emozioni, di domande che si accavallano ansiose, di crude, spesso, constatazioni del “male del vivere” ( Ti mostrerò il silenzio / tra piume di cobalto) che non comportano, comunque, né lacrime né rese permanenti in quanto, a queste ultime ( “…troppi lidi ha sognato l’ebbro battello / e ancorato nel porto arruggia il fianco) seguono sempre tenaci volontà di ripresa ( Sopravvissuti, nonostante…) per chi non vuole fare a meno di credere nella possibilità di una palingenesi ( Nei suburbi dell’anima / trepido posa/ un luccichio di perle). “ Non è facile- scrive di lei il giornalista Domenico Stranieri nella sinossi finale al libro- nell’era del predominio della tecnica, scrivere un libro di poesie ove si intesse la profondità, ma anche l’abisso, dell’animo umano con la sublimità della natura. Sono tempi, i nostri, nei quali la tecnica non è solo un mezzo, uno strumento, ma è un vero e proprio habitat dentro al quale ci trasformiamo, persino emotivamente. In questa raccolta di Daniela Ferraro, invece, rimane intatta la simbiosi dei versi con l’ambiente-natura. La poesia diventa riparo, umanità nella sua forma più pura.” Questa perfetta fusione dell’autrice con il mondo naturale che si eleva spesso come superbo correlativo oggettivo di stati d’animo ora vigorosi, ora fiacchi, ora funesti ,ora caparbi all’interno di una determinata volontà di sopravvivenza , è ben evidenziata ( all’interno della prefazione al libro) dal critico letterario Lorenzo Spurio:” E’ chiaramente il mondo paesaggistico con le sue varietà floreali, arboricole e condizioni meteo a fare da sfondo alle varie liriche nelle quali la poetessa è come se si fermasse di colpo per donarci una sorta di diapositiva.” E ancora “A dominare nelle varie liriche sono ambientazioni prevalentemente fosche descritte in termini asciutti e rivelatori di una meteorologia infausta quanto inclemente, declinazione, forse, di uno stato d’angoscia con il quale si è convissuto in un determinato momento dell’esistenza. Dal punto di vista climatico, infatti, tra tante nuvole, tempeste, nebbie e pioggia, risulta sempre più difficile trovare un raggio di sole. Questo non significa che esso sia totalmente assente, ma nascosto, che va ricercato non tanto nel cielo, ma dentro di noi”. Ma, anche all’interno delle tinte più fosche della trattazione poetica che, quale una storia dell’anima, si dipana viaggiando di continuo dal presente al passato ( E ritornano ancora / i ricordi inumati), mai si perde quella ora leggera ora più incalzante musicalità che costituisce altra peculiare caratteristica della poesia della nostra, trovando anche spesso espressione in vocaboli e costrutti desueti e, per questo, ancora più pregni di accattivanti attrattive di carattere fonetico ed emotivo. Scrive ancora, infatti, Lorenzo Spurio “Il linguaggio, com’era stato nella precedente silloge, si rafforza con l’uso di vocaboli che non solo trasmettono un’immagine in sé definita, ma addirittura un concetto nel quale, con una modalità simile ai vasi comunicati, si riversa il significato di liriche già lette, connettendole in un percorso della psiche, forse tortuoso, caratteristico del poetare della Nostra. L’utilizzo di alcuni termini desueti non intralcia più di tanto il naturale percorso di comprensione (la Nostra è una docente di Lettere e ha un rapporto diverso con il vocabolario italiano rispetto a quello che potrebbe avere la comune “casalinga di Voghera”) né lo ingabbia in una poetica d’antan o dal gusto barocco nella resa sulla carta di situazioni, eventi e riflessioni su momenti vissuti. Per gli amanti della letteratura, inoltre, non sarà difficile ritrovare qualche cameo letterario in “lo stormir di fronde” o nel “dolore antico” di leopardiana e carducciana memoria, rispettivamente.” Sul carattere, poi, fortemente intimistico quanto di valenza universale, ecco ancora una nota di Domenico Stranieri “Proprio negli anni in cui ogni ipotesi creativa appare spenta, Daniela Ferraro si oppone a questa forma di alienazione, ed il suo modo di essere, di sentire e di trovare le parole giuste, diventa messaggio universale. Ancora oggi, la poesia è coscienza, ribellione e difesa contro il vortice e l’acredine che nega il senso delle cose. Ma non solo. Quest’opera ci dimostra come i versi riescono ad illuminare la modernità (che diviene un tempo sì circolare ma aperto) giacché, essi, riverberano fuori dagli antri più nascosti dello spirito umano.”
Il libro verrà per la prima volta presentato al pubblico sabato 10 gennaio, nei locali del Caffè letterario Mario La Cava, a Bovalino Marina ( Corso Umberto I) alle ore 17,30.