Neanche quella dolorosissima tragedia è riuscita a fermarli, perché se non si parla e/o si scrive di San Luca “in un certo modo” non si riesce nell’impresa di fare colpo, di fare presa sull’opinione pubblica, di impressionarla come si deve: Corrado Alvaro? No, troppa cultura, la gente non ti segue e, forse, non sa nemmeno chi è, o quantomeno che possa essere originario proprio di San Luca; il Parco Nazionale d’Aspromonte? No, troppo complicato ché poi devi indicarlo geograficamente, nessuno o quasi che sappia dove si trovi e quali e quante bellezze reca nel suo seno. La ‘ndrangheta? Ma certo che sì! Meglio quella che così riesci a rendere appieno l’idea e far capire di chi si parla, come se chiunque provenga da quella cittadina sia marchiato a vita, anche per un terribile schianto mortale come quello che si è verificato ieri pomeriggio.
di Antonio Baldari
Neanche una così immane tragedia ha intenerito i cuori. Neanche le recenti festività lo avevano evidentemente fatto se, dall’ormai nota tragedia consumatasi sulla Strada statale 106, nel primo pomeriggio di domenica scorsa, quelle quattro, povere, vittime ne sono uscite “morti due volte” ed il perché è presto detto: perché erano di San Luca, e l’essere di San Luca fa partorire nella testa sempre i soliti, ripetitivi, distruttivi, pensieri.
Che neanche quella dolorosissima tragedia riesce a fermarli, perché se non si parla e/o si scrive di San Luca “in un certo modo” non si riesce nell’impresa di fare colpo, di fare presa sull’opinione pubblica, di impressionarla come si deve: Corrado Alvaro? No, troppa cultura, la gente non ti segue e, forse, non sa nemmeno chi è, o quantomeno che possa essere originario proprio di San Luca; il Parco Nazionale d’Aspromonte? No, troppo complicato ché poi devi indicarlo geograficamente, nessuno o quasi che sappia dove si trovi e quali e quante bellezze reca nel suo seno.
La ‘ndrangheta? Ma certo che sì! Meglio quella che così riesci a rendere appieno l’idea e far capire di chi si parla, come se chiunque provenga da quella cittadina sia marchiato a vita, anche per un terribile schianto mortale come quello che si è verificato ieri pomeriggio, con quattro giovani che hanno tragicamente perso la vita ma per le quali ciò che conta è dire raccontare di tutto e di più, soprattutto se provenienti, per l’appunto, da San Luca, andando a sfruculiare fino in fondo, fino alla ricerca di qualcosa, di un dettaglio, di una minuzia che possa dire di loro “ma erano di San Luca”.
Altrimenti non si spiega come mai c’è stato chi, in calce ai nomi, pubblicati per esteso e non già con le iniziali come sarebbe convenuto, quantomeno per una forma di rispetto umano (macché!), abbia addirittura abbinato il cartello segnaletico di “San Luca” traforato con dei colpi sparatigli contro: a che pro tale accostamento? Perché andare ad etichettare quattro persone con un qualcosa che va inevitabilmente a marchiarli per sempre? Qual è, in particolare, l’attinenza con la consumata tragedia? Fornisce ulteriori elementi e/o informazioni circa la dinamica dell’incidente? Sulla velocità? O per cos’altro c’era quel cartello lì?
Ed ancora, proprio in considerazione della connessione alla notizia principale, quanto è stato disgustoso e del tutto fuori luogo l’andare a riportare nome e cognome di una delle quattro, povere, vittime indicando il motivo per il quale si trovasse, insieme agli altri, a quell’altezza sulla Strada statale 106! Ma era proprio necessario? Certo che no! Non lo era giacché, come sopra, non forniva alcunché di importante rispetto alla sostanza di fondo della notizia, dinamica, velocità e via di questi elementi. Però faceva capire meglio che erano di San Luca, come se il portare un certo cognome o l’andare a rendere visita in carcere ad un congiunto sia qualcosa di prerogativa, o esclusivo appannaggio, di San Luca!
A cui si chiede “Scusa” per questi suoi quattro figli “morti…due volte”, uccisi dalla becera voglia di dare addosso a prescindere; sentite scuse alle famiglie delle vittime e, per esteso, a tutti i cittadini di San Luca nella persona del sindaco, Bruno Bartolo, persona umile, onesta e perbene, anche per chi se ne è rimasto in silenzio, poiché non ha trovato addirittura il modo di riportare il benché minimo spazio per dare l’essenza della notizia, preferendo chissà quale altro argomento. Di quarta, quinta, sesta pagina.
“Le colpe dei padri non ricadano sui figli”. Pur essendo agnostico prendo in prestito la citazione biblica che condivido pienamente!
Antonio, mi “arrogo” anche la licenza di darti del “Tu” per la differenza di età e per essere stato un Tuo collega (da tempo insegnante in pensione). Che tristezza considerare il luogo di nascita o la provenienza come parametri determinanti del tuo valore, dei tuoi meriti o demeriti. Addirittura si giudica una persona per le proprie capacità intellettive; “è sì un delinquente, ma bisogna riconoscere che possiede delle capacità al di fuori del comune!”. A che serve essere capaci, intelligenti, quando queste qualità le usi per fini abietti o per annientare altri esseri!… Sono calabrese, ma non per scelta! Bello(?): non è un merito! Brutto(?): non è una colpa! Eppure queste caratteristiche spesso servono, a seconda dei casi, per essere giudicati bene o male.
Commentando l’incidente dei 4 morti di S. Luca con degli amici è subito partita la valanga dei commenti che, sinceramente, mi hanno profondamente deluso: “Chissà a quale velocità!”; “Sicuramente alla guida di un’auto superveloce!”; “erano in competizione con altra auto dello spesso livello!”. Mi sono limitato a citare i modelli delle due auto coinvolte e il motivo del loro viaggio. Peggio che andar di notte! Non mi sono trattenuto e, per accontentarli(?) mi sono limitato a dire loro che la vera condanna non era stata l’essere morti in un incidente ma l’essere di S. Luca!
Antonio, tutto questo dire, per complimentarmi per il tuo articolo, purtroppo raramente riscontrato in altre pubblicazioni, di buon senso e di una profonda umanità! Orgoglioso di avere un “collega” del tuo valore!
Vincenzo (Vìcia, per gli amici) Marino.