(foto e video di Enzo Lacopo)
SIDERNO – “Un vescovo al rogo-Il ritorno di Perantoni, il vescovo del dire e del fare” (2011, Grafiche Spataro edizioni) del professor Salvatore “Turi” Futia è un testo la cui attualità, dopo tre anni dalla pubblicazione, è inalterata; anzi…è raddoppiata.
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Non solo perchè la diocesi di Locri-Gerace è in attesa della nomina di un presule da circa un anno e quindi può essere utile ricordare uno dei vescovi sicuramente più discussi ma altrettanto decisamente incisivi della storia nazionale. E’ di qualche giorno fa, infatti, la notizia del decreto di archiviazione della querela sporta nei confronti dell’autore da parte degli eredi di suor Giuditta Martelli, fondatrice dell’istituto delle ancelle dello Spirito Santo, che dopo l’uscita del volume ritennero che nella ricostruzione storica dell’autore, fossero state usate delle espressioni tali da compromettere l’onorabilità della suora di Portigliola e delle altre religiose. Così non è stato per il Gip del Tribunale di Locri Caterina Capitò, che ha archiviato la querela dando così l’occasione a Futia (difeso dall’avvocato Pino Mammoliti) di ritornare pubblicamente sui contenuti del suo libro, non tanto per spirito di rivalsa, quanto per rimarcarne la stringente attualità e dare il “la” a tutta una serie di riflessioni che scaturiscono dalla lettura del suo saggio, figlio di una penna brillante e acuta. Riflessioni che meriterebbero se non un trattato di sociologia, quantomeno una discussione pubblica su quello che l’autore definisce «Il partito della crisi», ovvero quel gruppo di potere affaristico-lobbystico, incline all’autoconservazione che, sebbene in contesti storici differenti, risultò determinante nel decidere quei tre momenti fondamentali, dai quali Futia fa derivare l’inizio della fine dello sviluppo della Locride: l’uccisione dei cinque Martiri di Gerace, la chiusura delle Officine Meccaniche Calabresi a Locri e della Banca Popolare di Gerace e, appunto, la fine dell’episcopato di monsignor Perantoni, arrivato nel 1952 tra due eventi alluvionali di eccezionale gravità e “promosso per essere rimosso” nel 1962, dopo dieci anni in cui aveva fatto tanto per i figli della Locride e, sicuramente, toccato tanti fili scoperti e irritato quel ceto dominante autoricostituitosi nell’eterno “Partito della crisi” che ne decise, di fatto, l’allontanamento da Locri.
Questo è, in nuce, il pensiero dell’autore, esposto nel corso di una partecipata conferenza stampa alla quale erano presenti, oltre ai giornalisti, anche il professore Silvio Guerrieri e Piero Schirripa, medico attivo nel mondo dell’associazionismo.
Dal suo osservatorio privilegiato (abitava a pochi metri da quella sede dell’Episcopio locrese che contribuì a costruire quando, giovanissimo studente, d’estate lavorava come manovale nell’impresa edile del cugino), Futia di vescovi ne ha visti e conosciuti tanti. Laico e quindi non praticante , l’autore del libro, che ha detto di avere incontrato non pochi ostacoli nella fase di ricerca dei documenti storici negli archivi diocesani, ha inteso sottolineare soprattutto la valenza politica dell’episcopato del veneto Pierantoni, accostandolo per certi versi a monsignor Bregantini, e non solo per la zona di provenienza.
«Fu l’unico – ha spiegato Turi Futia – che diede vita a un vero e proprio Piano Strategico per la Locride, quando, sulla scorta delle esperienze fatte da Ministro Generale dell’Ordine dei Francescani, girò il mondo (in particolare il Sud America, laddove allacciò una bella amicizia con Evita Peron) e, una volta giunto qui, ravvisò delle analogie tra la povertà dell’America latina e quella della Locride, avviando un piano di massicci investimenti su istruzione, educazione e formazione: corsi professionali frequentati da molti ragazzi che venivano anche da paesi lontani come Platì e San Luca, costruzione di 106 asili, avvio di cantieri scuola nei quali la gente imparava e lavorare e nel contempo realizzava le grandi opere come la pavimentazione delle principali arterie dei nostri comuni, ma anche le colonie estive al mare e in montagna per i bimbi le cui famiglie non potevano permettersi le vacanze estive. Ovviamente, non mancarono gli eventi religiosi di grande rilevanza che si tennero a Locri, come la celebrazione dell’Anno Mariano nel ’54 e il Congresso Eucaristico del ’56, che fecero venire a Locri personalità del calibro del cardinale Ottaviani, presidente del Sant’Uffizio».
Ma soprattutto, il suo arrivo coincise col trasferimento della sede della diocesi da Gerace a Locri. Una scelta tutt’altro che indolore, se si considerano i tumulti che scoppiarono a Gerace e che durarono almeno una settimana, prima di essere sedati, e a fatica, dalle forze dell’ordine.
Per ora ci limitiamo a riconoscere al settantenne Turi Futia il merito dell’intuizione del “partito della crisi”, che a una scottante attualità abbina una valenza storica e accademica. Chapeau.