(foto tratte da Tripadvisor)
di Antonio Baldari
Sono le prime luci dell’alba dello scorso 26 febbraio, sulla costa jonica calabrese si consuma una delle più tristi pagine che siano state mai scritte nella storia dei cosiddetti “viaggi della speranza” in Italia, nel Sud in particolare: era una domenica, che poi non fu una come tante altre a cominciare dall’Angelus in piazza San Pietro, con papa Francesco che comunicava “urbi et orbi” tutto il proprio dolore per la tragedia avvenuta nel Crotonese, e per la precisione sulla spiaggia di Steccato di Cutro: un centinaio circa di morti annegati fra le onde del mare agitato, con l’imbarcazione ospitante i naufraghi andata in frantumi ed oggetti di ogni genere sparsi qua e là.
Segni evidenti di vite spezzate, annullate, cancellate per sempre.
Furono giorni, settimane assai difficili per quell’immane strage, con prime pagine sui giornali e servizi televisivi proposti a tamburo battente, che raggiungevano ogni angolo del globo ad ogni ora, in ogni edizione ordinaria e straordinaria, addirittura con un decreto, il n. 20/23 del maggio scorso, a firma del Governo italiano in carica guidato da Giorgia Meloni, denominato “Decreto Cutro” che, fra gli altri provvedimenti, prevedeva di “restringere la possibilità di conversione dei permessi di soggiorno per i minori stranieri non accompagnati”; ma, come si diceva, appellato “Decreto Cutro”, ispirandosi giustappunto a quel misfatto: e perché mai dargli quel nome? Con quanti sbarchi, dolorosi nonché mortali, avvenuti in circa venticinque anni considerando il primo del 1998 sulla spiaggia di Badolato, proprio quel nome bisognava dare? E perché mai?
Questo perché si è data un’etichetta non soltanto ad una tematica socio-ambientale di elevato spessore e delicatezza, com’è quella dell’immigrazione, ma anche e soprattutto ad un’area geografica ben definita, come quella del Crotonese, in Calabria, che pagava dazio per tanto, troppo, tempo, un’incresciosa “tassa” che sarebbe andata a riverberarsi, negativamente, su quella che era l’ormai imminente “bella stagione”, l’estate, che partiva ad handicap con tale “messaggio subliminale” della tragedia di Cutro entrato ormai nel cervello: di proposito? A pensar male si fa peccato – diceva qualcuno – ma spesso ci si azzecca.
Di fatto, lo stesso trattamento non è stato riservato per tutte le positività che proprio quell’area riesce ad esprimere quotidianamente, giusto qualche trafiletto o i classici “trenta secondi” per dire qualcosa di buono, mah, così, quasi a fare il favore quando, invece, ci sarebbe da riservare paginoni interi o servizi di primo piano a chi, giorno dopo giorno, indefessamente lavora: le Istituzioni, operatori turistici e sociali, associazioni ed enti vari, che, poi, in ultima analisi, portano i risultati.
Quali? Sono presto detti, rispetto ad un magnifico tris che risponde a Cirò marina, Isola di Capo Rizzuto e Melissa, l’emblema positivo di quest’area che, proprio nel soprariportato periodo di maggio-giugno, facevano registrare il doppio vessillo della “bandiera blu” e della “bandiera verde”.
Simboli di fatica, sacrifici ed impegno giornaliero, a trecentosessanta gradi, considerando Cirò per la vasta produzione di vini e la splendida spiaggia di Punta Alice, impreziosendo il tutto con i resti dell’antico santuario di Apollo Aleo; per quanto concerne Isola di Capo Rizzuto, è nota per la suggestiva fortezza a pelo d’acqua, unica nel suo genere, chiamata Le Castella, ma anche per avere l’area marina protetta tra le più estese d’Europa, a pochi passi, sulla Costa dei Saraceni, dal parco archeologico di Capo Colonna, con resti archeologici ma anche una flora ed una fauna di straordinaria bellezza; e, infine, il vino doc di Melissa, che può mettere in vetrina anche la famosa torre Melissa.
Tutto ciò in estrema sintesi, perché il Crotonese non è solo Steccato di Cutro, peggio ancora “Decreto Cutro”.