di Adelina B. Scorda
Nessun impresentabile, ma vincoli di parentela troppo forti riportano alla ribalta il mai chiuso caso Platì. Nella relazione stilata dalla commissione parlamentare antimafia che ha passato al setaccio, in occasione delle amministrative di giugno, quei comuni i cui organi elettivi sono stati sciolti in conseguenza di fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso, spunta ancora una volta il comune di Platì con le sue 16 gestioni commissariali.
Platì nota alle cronache nazionali solo per essere uno fra i tre comuni del triangolo della ‘ndrangheta, dopo cinque anni per le elezioni del 5 giugno 2016 sono state presentate 2 liste civiche denominate, rispettivamente, “Liberi di ricominciare” il cui candidato sindaco è Sergi Rosario, e “Platì res publica” che ha come candidato sindaco Ilaria Mittiga.
Dal controllo della commissione è emerso che non vi sono situazioni di incandidabilità, secondo appunto la legge Severino, tuttavia si legge nella relazione: “Non può omettersi di considerare che nel territorio di Platì operano alcune tra le più pericolose organizzazioni della ‘ndrangheta, radicate sul territorio in un contesto sociale, culturale ed economico spesso arcaico, privo di ampio respiro, caratterizzato da forti legami di sangue. L’indice di istruzione è tra i più bassi della regione, si registra un elevato abbandono scolastico delle generazioni più giovani. Si tratta di territori che rischiano di costituire vere enclave, ambienti asfittici in relazione ai quali ci si dovrebbe interrogare sulle possibilità alternative concretamente percorribili. Si tratta di territori dove, non si può escludere che sulla vita di relazione dei singoli incida – in qualche modo – la situazione logistica e ambientale del comune. Al tempo stesso si tratta di territori dove è necessario ricorrere spesso ad atti di scioglimento sia ordinario che per infiltrazione mafiosa, dove sono spesso gli stessi cittadini a rinunziare all’esercizio del diritto alla partecipazione attiva alla dialettica democratica”.
Un’analisi che non lascia molto ad intendere e dove entrambi i candidati a sindaco vengono attenzionati per rapporti e parentele. Per Rosario Sergi sono i rapporti di affinità con esponenti di vertice della cosca Barbaro a mettere in allarme la commissione e anche la manifestazione che si è tenuta a Platì il 29 marzo 2016 contro le dichiarazione (questa la frase «Il livello di radicamento del terrorismo jihadista a Molenbeek è come quello della ‘ndrangheta a Platì in Calabria») di Marco Minniti.
Ma non solo Sergi anche numerosi candidati della lista “Liberi di ricominciare” secondo le indagini della commissione annoverano rapporti di parentela, o frequentazioni con persone ritenute ai vertici dei sodalizi mafiosi dominanti in quell’area territoriale.
Ma ce n’è anche per Ilaria Mittiga con la lista “Plati res pubblica”, figlia lei di Francesco Mittiga sindaco di Platì la cui amministrazione fu sciolta nel 2006 per infiltrazioni mafiose. Anche qui è la fitta rete di parentele, qui cognomi ingombranti che attenzionano tutti e nessuno.
Intanto la Leonardi che neanche un mese fa ha annunciato il ritiro della sua candidatura dopo essere stata “abbandonata” da quattro candidati scrive: “Quando 25 giorni fa, dopo un anno intenso di lavoro e di progetti, fummo costretti come Pd a ritirarci dalla corsa alle elezioni amministrative di Platí, dissi chiaramente in una nota pubblica che, tra le ragioni che avevano portato al mio ritiro, c’erano situazioni che perduravano da un anno e che rendevano queste elezioni “una farsa degna del peggiore sceneggiatore”. Oggi la Commissione Antimafia, ha affermato con assoluta chiarezza che nelle due liste presenti a Platì risultano candidate persone legate a varie cosche di ‘ndrangheta. Oggi, purtroppo posso affermare che avevamo ragione noi”.