di Gianluca Albanese
LOCRI – Nonostante la stragrande maggioranza di loro abbia aderito alla proposta di somministrare i vaccini anti-Covid ai pazienti di età superiore agli 80 anni, i medici di Medicina Generale della Calabria, a oggi, non dispongono materialmente del vaccino.
La denuncia arriva dal dottor Nicola Rulli, impegnato da 20 anni nell’opera di vaccinazione e di sensibilizzazione sull’importanza di questa fondamentale opera di prevenzione.
“Gli annunci dei giorni scorsi – spiega il medico a Lente Locale – hanno creato giuste aspettative tra la gente, che ora si aspetta che sia il proprio medico di famiglia a somministrare il vaccino anti Covid”.
E invece?
“E invece siamo tutti pronti, ma con la siringa vuota in mano”.
E dove si stanno inoculando le dosi di vaccino?
“Si è inteso spettacolarizzare questa operazione – dichiara il dottore Rulli – creando dei centri vaccinali ad hoc, spesso lontano da casa e con un chiaro rischio di creare assembramenti. Decidere di centralizzare il servizio di somministrazione – aggiunge – va contro il sacrosanto principio di prossimità: la gente si aspetta che, come sempre, sia il medico di medicina generale a iniettare le dosi di vaccino, perché è la figura più vicina – “prossima”, appunto – che, per esempio, somministra fino a 80 dosi di vaccino antinfluenzale al giorno e che, soprattutto, conosce la cartella clinica del proprio paziente, le sue caratteristiche, eventuali patologie e allergie. Il medico di medicina generale è ovunque: nelle grandi città e nei piccoli centri interni, ed è evidente che affidare a lui la vaccinazione anti-CoVid eviterebbe lunghi e faticosi spostamenti a persone molto anziane o gravate da patologie croniche”.
Chi sta soffrendo di più il disagio di doversi recare nei centri vaccinali?
“Come sempre (e come non dovrebbe mai succedere) soffrono di più gli ultimi: gli ultraottantenni, certo, ma anche i pazienti che noi medici di famiglia conosciamo e curiamo tutti i giorni, tra cui persone con arti amputati, patologie tumorali, cardiopatie, ictus o legate alla bombola d’ossigeno. Come si fa – si domanda il medico – a costringere queste persone a farsi il vaccino nei centri lontani da casa invece che dal proprio medico?”.
Quindi non sono solo gli over 80 a soffrire di questa situazione?
“Guardi, il criterio di età cronologica è solo uno di quelli di cui si deve tenere conto, a mio modo di vedere. Perché – spiega il medico locrese – se è vero che ci sono persone di 80/85 anni che riescono a ottenere il rinnovo della patente di guida, è altrettanto vero che ci sono persone di età inferiore affette da gravi patologie, per le quali l’età biologica è di gran lunga superiore a quella cronologica. Sono loro, gli ultimi, a essere discriminati da questa metodologia centralizzata di somministrazione dei vaccini”.
Una delle ragioni per le quali si è optato per i centri vaccinali è legata alla durata del siero una volta scongelato, vero?
“E’ un falso problema. Il vaccino Pfizer, una volta scongelato, dura fino a 5 giorni, quello prodotto da Moderna fino a 30 giorni in un comune frigorifero, mentre quello di Astrazeneca dura sei mesi. In altre regioni i medici di medicina generale stanno già somministrando il vaccino, e io mi chiedo come sia possibile che esistano ancora pazienti di serie A e di serie B. Se è vero che ancora l’Italia dispone di poche dosi di vaccino è altrettanto vero che i vaccini vanno somministrati con maggiore razionalità, dando priorità a chi versa in uno stato reale di necessità”.
Insomma, possiamo parlare di una falsa partenza della campagna vaccinale anti-CoVid?
“Direi di più: se dopo un anno dallo scoppio della pandemia è stato vaccinato solo il 2% della popolazione, possiamo parlare chiaramente di fallimento. E lo Stato è corresponsabile, perché si è subito preoccupato di acquistare i vaccini prodotti dalle grandi multinazionali senza incentivare la produzione nazionale del siero, come hanno fatto, ad esempio, in Russia, in Cina e anche a Cuba. Se pensiamo che uno dei vaccini più diffusi è stato concepito in un laboratorio di Pomezia, viene spontaneo chiedersi come mai non si sia puntato sulla produzione delle case farmaceutiche italiane che avrebbe garantito la nostra autosufficienza vaccinale”.
Fin qui il dottore Rulli.
Con l’auspicio, condiviso coi suoi pazienti, che presto possa essere riempita quella siringa a tutt’oggi vuota e che lui e gli altri medici di medicina generale possano presto somministrare il vaccino anti-CoVid.