di Gianluca Albanese
Ancora una pessima notizia in quest’anno maledetto. Una brutta malattia ha posto fine alla “Vita esagerata” di Fausta Ivaldi, Donna Buona e Giusta, in prima linea nella difesa degli ultimi, dei diseredati, in ogni parte del mondo. Scrittrice e volontaria nei progetti umanitari, era nata ad Alessandria il 19 luglio del 1939. Lì visse l’infanzia difficile nel secondo conflitto mondiale, prima di iniziare una brillante carriera nella quale dal 1958 al 1961 ha lavorato come segretaria del direttore Affari Economici e Finanziari presso il Mercato Comune (odierna Unione Europea) a Bruxelles. Dal 1961 al 1964 divenne segretaria di produzione e organizzazione programmi e documentari nella Rai-Tv, lavorando gomito a gomito (e mettendoli in riga, quando serviva…) coi volti noti del piccolo schermo, a cominciare da Mike Bongiorno, prima del prestigioso incarico di Consulente scenografa per gli allestimenti delle opere liriche al teatro “Petruzzelli” di Bari.
Ma il suo mondo era l’Africa degli ultimi, quella conosciuta nei frequenti viaggi su biplani male in arnese e nella quale si trasferì nel 1967, quando venne assunta come capo del personale dalla Sterling Ansaldi, lavorando pure nell’Ambasciata Italiana, in sostituzione del Cancelliere, rientrato in patria per malattia.
Nel 1970 abbandonò le attività istituzionali per mettersi al servizio dei poveri, una decisione che diventerà ragione di vita e la porterà a girare il Mondo: Nigeria, Benin, Sudafrica e America Latina. Fino ad approdare, quasi per caso, a Reggio Calabria, laddove continuò, fino all’ultimo, ad aiutare i diseredati tanto da ricevere, nel 2016 la Cittadinanza Onoraria dal sindaco Giuseppe Falcomatà. Le face piacere riceverla ma, avendola conosciuta, non esitiamo a pensare che la sua principale e più autentica gratificazione era ricevere un sorriso dai poveri che ha sempre supportato con tutte le sue inesauribili forze.
Molti di noi l’hanno conosciuta attraverso le pagine della sua autobiografia “Una vita esagerata” (Città del Sole Edizioni, 2016) che presentò in una serie d’incontri in cui chiunque ebbe il piacere d’incontrarla rimase affascinato e affezionato a lei e alla sua storia, fatta di onori e rose, ma anche di dolori e spine. Il tutto affrontato con quel sorriso che non si spegneva mai, nemmeno con l’incedere del tempo e della malattia.
Vogliamo ricordarla così: sorridente e dissacrante come la sua ironia, sapendo che in ogni mano tesa verso chi soffre c’è un po’ di lei e dei suoi insegnamenti.
Per far capire chi fosse a chi non la conosceva, riportiamo il testo della quarta di copertina della sua “Una vita esagerata”.
“Le riprese erano finite, per me invece era l’inizio della presa di coscienza. Le parole di Lajolo avevano scavato un solco profondo come quello che si prepara per mettere a dimora le nuove viti. Un solco che mi ha insegnato l’attenzione verso i più deboli, la voglia di lottare per chi non ha voce, prendendo le loro difese pur nel rispetto dei diritti/doveri.
Mi faceva ridere il fatto che fossi diventata comunista tenendo i piedi a bagno”.
Fausta era così.
Che la terra le sia lieve e questo e l’altro mondo le restituiscano un po’ dell’amore che seppe donare.